La luce che ci rivela Dio e ci fa conoscere a noi stessi

II Domenica dopo Natale - Anno C - 2016

La seconda domenica dopo Natale, prima che i nostri occhi siano chiamati a incantarsi nuovamente di fronte al segno affascinante della stella che guida il cammino dei Magi sopra "il luogo dove si trovava il bambino" (Mt 2,9), ci spinge ad andare al di là dei segni, per entrare nel significato profondo che sta al di sotto di ciò che abbiamo visto e udito.

Quel "bambinello" (come lo chiama affettuosamente il popolo cristiano), chiamato Gesù, posto nella mangiatoia tra Maria e Giuseppe, visitato dai pastori e annunciato da "una moltitudine dell'esercito, che lodava Dio e diceva: 'Gloria a Dio nel più alto dei cieli, e sulla terra pace agli uomini che egli ama'" (Lc 2.13), è il Verbo di Dio, è la sua Sapienza, è la sua grandezza, è la sua onnipotenza.

Noi lo vediamo piccolo e indifeso, bisognoso di noi. In realtà "Egli era, in principio, presso Dio: tutto è stato fatto per mezzo di lui e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste". Quel bambino, che ci si presenta come uno dei nostri figli, in realtà ci ha reso "figli di Dio non da sangue né da volere di carne né da volere di uomo, ma da Dio generati". Noi siamo figli per mezzo di lui.
Quel "bambinello" ci rivela Dio.

Egli, infatti, è prima di noi. Egli è da sempre. Ha preso una "carne" (un corpo, una storia come la nostra), ed è diventato come noi, per permetterci in qualche modo di vedere Dio, che altrimenti i nostri occhi non avrebbero potuto raggiungere: "Dio, nessuno lo ha mai visto: il Figlio unigenito, che è Dio ed è nel seno del Padre, è lui che lo ha rivelato".

Senza vedere lui, avremmo potuto soltanto fantasticare su Dio, inventando immagini fuorvianti, perché non saremmo mai riusciti a pensare Dio buono e amico che ci chiede soltanto di volergli bene perché per primo ci vuole bene. Senza il "bambinello", lo avremmo sentito come gli dei pagani: minacciosi e gelosi degli uomini; oppure ci saremmo creati immagini da "vitello d'oro", alla portata delle nostre piccole vedute.

Quel "bambino avvolto in fasce", "fatto carne", "venuto ad abitare in mezzo a noi", aprendo spiragli sul mistero di Dio, capovolge tutti i nostri criteri di giudizio, perché alla sua luce ciò che appare ai nostri occhi grande, potente, importante, ricco, primo, in realtà è piccolo, debole, povero, ultimo.

Quel "bambinello" ci fa conoscere a noi stessi

Il "bambinello nella mangiatoia", "luce vera, quella che illumina ogni uomo", oltre a farci vedere Dio, manifesta chi veramente siamo noi. Dio Padre non ha preparato per il suo Figlio un corpo come il nostro, ma ha creato il nostro corpo in vista di lui, perché tutto è stato fatto per mezzo di lui. Ci ha creato, cioè, in maniera tale che il nostro corpo (fisico, cuore e cervello) fosse degno del suo Figlio, del suo Verbo, della sua Sapienza.

E' straordinaria questa verità! Quando ci sentiamo fatti male, quando pensiamo che il creato sia fatto male, reagiamo con forza! Perché, se tutto è stato fatto per mezzo di lui, niente può essere fatto male. Ciò che è male dipende dalla nostra incapacità o non volontà di essere fedeli al progetto di Dio. E quando siamo tentati dalla banalità, dalla volgarità, dalla falsità e dalla cattiveria, cioè da tutto ciò che deturpa e umilia il nostro essere uomini e donne, ricordare ciò che siamo è la forza per non cedere e per riprendere il volo verso le altezze per le quali siamo programmati.

Il Natale che stiamo celebrando allarghi lo spazio alla luce che "il bambinello" getta su Dio e sull'uomo. E la stella, che ha guidato i Magi a Betlemme, ci guidi a non smarrire il senso del nostro essere diventati figli di Dio, avendo accolto il suo Figlio.


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