"Non essere incredulo, ma credente!". Gesù risorto rimprovera amichevolmente Tommaso, però è tornato tra i suoi discepoli per venire in soccorso alla fede dell'apostolo, mostrandogli le sue piaghe aperte. La misericordia di Gesù, sulla quale questa domenica ci invita a meditare, è tutta in questo gesto.
Gesù conosce la difficoltà della fede di fronte a una realtà come la risurrezione che supera la ragione del suo amico, perciò ritorna per incoraggiarla e sostenerla, venendo in soccorso non a difficoltà e sofferenze materiali, come tantissime altre volte, ma intime e spirituali. Subito dopo Gesù dichiara beati coloro che pur non avendo visto crederanno in lui. Nelle sue parole non è arbitrario scorgere il desiderio che per quelli come Tommaso possa esserci sempre la possibilità di vedere e toccare quando la fede nella sua risurrezione, fondamento della nostra fede, non riuscisse a vincere il dubbio.
Chi sono i Tommaso di oggi? A volte lo siamo anche noi, perché il "se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo" è sempre in agguato, e in certi momenti e situazioni rischia di essere vincente.
Tommaso lo sono sicuramente coloro che hanno abbandonato l'interesse per Gesù, lasciandosi vincere dal dubbio, oppure sono rimasti a mezza strada tra il dubbio e la fede, nonché tutti quelli che alla risurrezione non ci pensano per niente, perché non sono stati stimolati a sospettare che ci sia.
Per tutti i Tommaso è necessario incontrare la misericordia del vedere e toccare il segno dei chiodi e del fianco. Chi può offrirla se non la "moltitudine dei credenti", che vivendo come "un cuore solo e un'anima sola", senza che nessuno consideri "suo" ciò che gli appartiene, amando Dio e osservando i suoi comandamenti, testimonia la vita è destinata a risorgere con il Cristo risorto? Per offrire questa misericordia la comunità cristiana e ognuno dei suoi componenti deve fasi vedere e toccare.
Anticamente in questa domenica, i battezzati della notte di Pasqua, deponevano la tunica bianca indossata durante la celebrazione. Non so se questi uomini e queste donne portavano quella tunica per tutta la settimana, testimoniando così pubblicamente di essere diventati cristiani. Amo pensare che sia stato così, perché sarebbe bello se anche oggi tutti i cristiani, nella settimana da Pasqua alla domenica seguente, indossassero un vestito bianco – magari soltanto una t-shirt bianca con la scritta: io sono cristiano - . Sarebbe straordinario! Immaginiamo cosa accadrebbe nei palazzi, nei negozi, nei luoghi di lavoro, per le strade, nelle discoteche, negli stadi...: curiosità, insulti, prese in giro, risate, domande... Sarebbero, però, per chi ne ha bisogno il segno dei chiodi e del costato, e per "i tunica bianca" l'occasione di annunciare come gli apostoli "con grande forza gli apostoli testimonianza della risurrezione del Signore Gesù".
Usciamo dal libro dei sogni ed entriamo nella realtà. La descrizione di Luca della prima comunità cristiana non è una poesia da ammirare, è l'ideale che ogni comunità cristiana deve cercare di raggiungere. E' il volto che ogni comunità cristiana deve poter mostrare. Se ci sta a cuore Gesù risorto, se ci sta a cuore che la fede in lui spinga la realtà verso una qualità di vita più alta, è necessario noi cristiani come singoli e soprattutto come comunità di credenti diventiamo visibili e incontrabili.
C'è tanto bisogno di misericordia verso le sofferenze fisiche e psicologiche, ma forse oggi la misericordia più urgente è la misericordia della veste bianca, di una fede concreta che si lasci vedere e toccare.