 
Lì dove tutto finisce e tutto ricomincia.
La solennità di Tutti i Santi e la Commemorazione dei Fedeli Defunti, molto care alla pietà popolare, offrono quest’anno più che mai con il 2 novembre di domenica, l’invito a riflettere e a meditare sui “novissimi”, cioè sulle cose ultime dopo le quali non c’è più niente: la morte e la vita eterna. Tutte e due, più che comprensibili e meritevoli tentativi di spiegazioni razionali, possono essere meditate con il messaggio di due immagini: 1. la «moltitudine immensa», impossibile da contare, che l’evangelista Giovanni descrive nell’Apocalisse, l’ultimo libro della Bibbia, quando potremo finalmente vedere «Dio come egli è», e tutti gli interrogativi, i misteri, i dubbi saranno svelati; 2. la parabola del Giudizio universale, «quando il Figlio dell'uomo verrà nella sua gloria, e tutti gli angeli con lui, siederà sul trono della sua gloria», raccontata dall’evangelista Matteo.
Queste due scene grandiose e potenti manifestano l’esito della vita terrena: o nel Regno preparato dal Padre fin dalla creazione del mondo, dove davanti al trono e davanti all’Agnello, avvolti in vesti candide, e rami di palma nelle mani si grida a gran voce: «la salvezza appartiene al nostro Dio, seduto sul trono, e all’Agnello», oppure nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli.
Come è questa duplice e contrapposta città? E come ci si può arrivare? Il desiderio e la curiosità sono forti. Possiamo pensarla e immaginarla come vogliamo, sia come la descrive l’evangelista Giovanni nelle sue visioni, oppure come l’ha dipinta Michelangelo nella Cappella Sistina. La fantasia è libera. Dov’è? Sta dove sta Dio, perciò dappertutto. Come raggiungerla ce lo indica il Signore Gesù.
Per arrivare a «vedere Dio come egli è», un traguardo così grandioso, decisivo, ultimo, si dovranno superare prove straordinarie, al limite dell’impossibile per le nostre forze e la nostra resistenza? Non è così! La strategia di Gesù è rendere prove straordinarie quelle ordinarie, seguendo i sentieri tracciati dalle Beatitudini. Le conosciamo, la abbiamo sentite, lette, meditate tante volte, ma dobbiamo viverle con sempre maggiore intensità, generosità, novità, perché nel corso della storia è stato provato di tutto per stare meglio, ma non si è fatto altro che peggiorare, come drammaticamente stiamo constatando in questi giorni in cui la prepotenza, l’arroganza, la ricchezza sembrano aver preso decisamente il comando delle operazioni. E non soltanto a livello di Stati e di Governi con guerre, distruzioni, violenze che si pensavano ormai dimenticate, ma anche nelle persone, nelle famiglie, nei gruppi, negli ambienti di vita e di lavoro. Ci dice niente che i ragazzi vadano in giro con il coltello, e che quasi ogni giorno si verifichi un femminicidio?
Dobbiamo ridare il massimo del vigore al messaggio e alla pratica alle Beatitudini, perché sono e rimangono l’unico strumento per: «esercitare la gentilezza come forma d'amore per relazionarci con gli altri, portando nel mondo pace, fraternità e gratitudine, perché è più bello un mondo pieno di speranza e gentilezza. È più umana una società che guarda con fiducia all’avvenire e che tratta le persone con rispetto ed empatia, perché speranza e gentilezza toccano il cuore del Vangelo ed indicano la rotta da seguire per orientare il nostro comportamento». (Papa Leone XIV agli ascoltatori dell’emittente britannica BBC).
La stupenda parabola del giudizio universale oltre a indicarci le persone, i luoghi, le situazioni con le quali praticare le Beatitudini ci svela una verità che soltanto il Vangelo ha in esclusiva. Nel compiere il "dare da mangiare a chi ha fame, da bere a chi ha sete, accoglienza allo straniero, vestito a chi è nudo, visita al malato e al carcerato" Gesù chiede molto di più del fare la carità agli affamati, ai nudi, agli stranieri. Egli non ci dirà: “hai sfamato l’affamato, hai vestito il nudo…”, ma: “mi hai sfamato, mi hai vestito, mi hai visitato…”. Questo è il motivo per cui sia le pecore che i capri si meravigliano di quello che hanno fatto o non hanno fatto: «Quando mai ti abbiamo visto straniero e ti abbiamo accolto, o nudo e ti abbiamo vestito? Quando mai ti abbiamo visto malato o in carcere e siamo venuti a visitarti?». Conosciamo la risposta: «In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me».