La Parola di Dio entra nella storia

II Domenica Avvento - Anno C - 2015

Nella seconda domenica di Avvento entra sempre in scena Giovanni Battista. Quest'anno è l'evangelista Luca a presentarcelo in maniera particolarmente interessante e impegnativa, collocandolo in un momento storico preciso: "l'anno quindicesimo dell'impero di Tiberio Cesare".

Tra personaggi storici e i loro incarichi: "Ponzio Pilato governatore della Giudea, Erode tetràrca della Galilea, Filippo, suo fratello, tetràrca dell'Iturèa e della Traconìtide, Lisània tetràrca dell'Abilène, sotto i sommi sacerdoti Anna e Càifa. In questo spazio di terra e di storia, la parola di Dio venne su Giovanni, figlio di Zaccaria.

L'intento dell'evangelista è attestare la sua credibilità storica, ma soprattutto comunicare che la parola di Dio non vaga per aria e nelle disquisizioni teoriche, ma entra nella realtà della storia. È lo stesso motivo per cui Luca colloca la proclamazione delle Beatitudini non sul monte, dove si incontra Dio, ma nella pianura, dove la sua parola diventa impegno a preparagli la strada, raddrizzando e spianando le vie tortuose e impervie, riempiendo i burroni, abbassando monti e colli. 

"L'anno quindicesimo di Tiberio Cesare" sono questi ultimi giorni del 2015. È oggi. Il Battista ci ricorda che sono ancora molti i burroni da riempire, i monti e i colli da abbassare, le vie tortuose e impervie da rendere diritte. Tocca a noi individuarli per intervenire con la nostra testimonianza e la nostra parola, affinché lo "splendore di Dio", sceso sulla terra a Betlemme, illumini le zone d'ombra che lo affievoliscono e lo ostacolano, allontanando il tempo di mietere nella gioia.

Anche in questa domenica è san Paolo che ci incoraggia a seminare nelle lacrime, per cooperare al vangelo nella realtà del nostro oggi, facendo crescere la nostra carità in conoscenza e in pieno discernimento, perché possiamo distinguere ciò che è meglio ed essere integri e irreprensibili per il giorno di Cristo.

Far crescere la nostra carità...

Viene spontaneo pensare che l'apostolo ci inviti ad aumentare le nostre offerte e le nostre buone azioni. Non è così. Egli ci sprona a far crescere la carità in "conoscenza e pieno discernimento", cioè a far diventare il nostro amore al Signore e ai fratelli più capace di individuare le urgenze che interpellano la nostra fede in questo nostro oggi, dove tanti considerano il "giorno di Cristo" non una pienezza da attendere e da contribuire a fare arrivare, ma una tappa ormai superata.

Le vicende del presepio di questi giorni hanno fatto emergere ciò che da anni cova dentro la nostra società: Gesù dà fastidio, e il suo Natale e i simboli che ne illustrano il messaggio e ne tengono viva la memoria, non sono portatori di pace e di fraternità, ma di difficoltà all'integrazione. Perciò è meglio toglierli, o mimetizzarli, o snaturarli.

Questa situazione richiede discernimento, per non cedere alla rassegnazione supina, o a reazioni emotive e inefficaci. Ne siamo capaci? Non sembra, perché non soltanto intelligentoni in cerca di notorietà televisiva (sere fa, in una trasmissione tivù, uno "scienziato", che riteneva una conquista l'essersi emancipato dalle favolette dell'infanzia, da "scienziato da par suo" metteva con sicumera supponente sullo stesso piano il Natale di Gesù, Babbo Natale, Bianca Neve, e favole simili...), ma anche cristiani praticanti pensano che sia meglio far fare un passo in dietro al Natale e a tutto ciò che sa di Gesù, oppure tenercelo per noi senza farlo vedere troppo.

Come far crescere la nostra carità in conoscenza e in pieno discernimento? L'Anno Santo della Misericordia ci suggerisce un'opera spirituale ad hoc: insegnare agli ignoranti. Attenzione, però! I primi ignoranti ai quali insegnare siamo noi, troppo spesso rimasti in una fede bambina, incapace di confrontarsi e affrontare i problemi dell'"anno quindicesimo di Tiberio Cesare", del nostro oggi.

Impegniamoci in questa opera di misericordia! Facciamocela questa carità! Non ci sono scusanti, perché i mezzi per superare l'ignoranza sono tanti e a disposizione di tutti.


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