La porta stretta della salvezza

XXI Domenica del Tempo Ordinario - Anno C - 2016

La liturgia di questa XXI domenica del tempo ordinario ci ricorda che la salvezza non è un fatto scontato, non è garantita dall'appartenzenza a una comunità di credenti, ma richiede l'impegno di comportarsi secondo giustizia, misericordia e fedeltà.

"Sforzatevi di entrare per la porta stretta, perché molti, io vi dico, cercheranno di entrare, ma non ci riusciranno", risponde Gesù a "un tale" che gli chiede: "Signore, sono pochi quelli che si salvano?".

Cosa vuol dire Gesù con la sua risposta? Dov'è che "molti" cercheranno di entrare senza riuscirci? Non nella porta stretta, perché, se fossero stati molti quelli che cercavano di attraversarla, Gesù non avrebbe avuto motivo di raccomandare lo sforzo per entrarvi. E' nella salvezza che è difficile entrare, perché la porta d'accesso è stretta.

Chi è questo "tale" che gli ha fatto la domanda? Con il seguito del suo discorso Gesù ce lo fa conoscere, e ci fa capire il perché di quella domanda. Ascoltiamo: "Quando vedrete Abramo, Isacco e Giacobbe e tutti i profeti nel regno di Dio e voi rimasti fuori..., quando vedrete sedere alla mensa nel regno di Dio gente venuta da oriente e da occidente, da settentrione e da mezzogiorno, e voi rimasti fuori..., per voi tutti operatori di ingiustizia, ci sarà pianto e stridore di denti".

Sono le stesse parole rivolte tantissime volte a farisei, scribi, dottori della Legge e sacerdoti: "Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che pagate la decima sulla menta, sull'anéto e sul cumìno, e trasgredite le prescrizioni più gravi della Legge: la giustizia, la misericordia e la fedeltà. Queste invece erano le cose da fare, senza tralasciare quelle" (Mt 23,23). Il "tale" era sicuramente uno di questi.

Adesso il messaggio di Gesù è chiaro: come la salvezza non era garantita dall'appartenenza al popolo ebreo, non è garantita a chi è scritto nel libro dei battesimi, o a chi si accontenta di essere fedele a pratiche religiose. La salvezza è per chi si impegna a creare la giustizia, la misericordia e la fedeltà. Questa è la porta stretta. Molto stretta! Lo sappiamo bene.

Allora sono pochi quelli che si salvano?

Se guardiamo a quello che ci riferiscono le cronache quotidiane, dovremmo cadere nel pessimismo più nero, perché di giustizia, di misericordia e di fedeltà se ne vedono davvero pochine. Attenzione, però! I media non sono l'unico strumento di lettura della realtà. C'è la parola di Dio che vede oltre le apparenze, nel profondo. Essa ci incoraggia e ci dà fiducia con il profeta Isaia: «Così dice il Signore: "Io verrò a radunare tutte le genti e tutte le lingue; essi verranno e vedranno la mia gloria"».

Soprattutto abbiamo la garanzia di Gesù che i posti lasciati vuoti da coloro che sarebbero dovuti entrare per primi saranno riempiti da coloro che avrebbero dovuto essere ultimi: "Verranno da oriente e da occidente, da settentrione e da mezzogiorno e siederanno a mensa nel regno di Dio". D'altronde lo ha detto in maniera esplicita:«Nella casa del Padre mio vi sono molte dimore. Se no, vi avrei mai detto: "Vado a prepararvi un posto"?» (Gv 14,2).

Tranquilli, perciò! C'è un posto anche per noi. Basta non sbagliare porta.
Certo, ci viene da dire: "Il Signore non poteva rendere un po' più facile questo passaggio?".
Ci risponde l'autore della Lettera agli Ebrei: "È per la vostra correzione che voi soffrite! Dio vi tratta come figli; e qual è il figlio che non viene corretto dal padre? Certo, sul momento, ogni correzione non sembra causa di gioia, ma di tristezza; dopo, però, arreca un frutto di pace e di giustizia a quelli che per suo mezzo sono stati addestrati". Questa motivazione fa drizzare i capelli ai sostenitori della disastrosa pedagogia che da decenni domina i rapporti educativi, per la quale guai dire no ai figli, o addirittura punirli. Li si traumatizzerebbe.
Per fortuna Dio non segue le mode e non impara da noi come si fa il padre. Perciò, rinfranchiamo le mani inerti e le ginocchia fiacche e camminiamo diritti attraverso la porta stretta.


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