La ricarica delle nostre stanchezze

XIX Domenica del Tempo Ordinario - Anno B - 2021

Se la Messa per noi non è il pane vivo disceso dal cielo, ce ne andremo come la folla fece con Gesù.

«Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno», continua a ripetere Gesù alla folla sempre meno numerosa, perché di fronte alle sue affermazioni così clamorose molti se ne vanno. Onestamente è difficile dare torto ai suoi scettici interlocutori: come può un uomo di cui si conosce la storia, del quale si ha davanti agli occhi la stessa umanità di chi ascolta, essere "un pane vivo disceso dal cielo", che dà la forza per vivere in eterno? Come può essere possibile mangiare il corpo di un uomo che ti sta parlando? Per quanto avvantaggiati, avendo saputo in seguito che Gesù con il "pane vivo" intendeva l'Eucaristia, e che il suo corpo da mangiare sarebbe stato quello del Risorto, non quello nato da Maria, quindi con la possibilità, attraverso di esso, di entrare in comunione con lui al di là del tempo e dello spazio, non è per niente facile nemmeno per noi credere che nel pane consacrato c'è la presenza reale del corpo di Gesù, e che chi mangia quel pane «vivrà in eterno», pur sapendo che Gesù non si riferiva a questa vita "terrena" resa eterna, ma a questa vita accompagnata verso l'eternità. Ma poi: siamo certi di credere davvero alla "presenza reale"? Il nostro comportamento in chiesa direbbe il contrario. D'altronde la storia della Chiesa raccoglie numerosi "miracoli" (Loppiano, Bolzena...) attraverso i quali lo stesso Gesù sembra sia dovuto intervenire per suscitare la fede nei sacerdoti stessi che celebravano senza crederci.

La gente del lago di Genesaret cercava un pane che le risparmiasse di fare la spesa come era accaduto il giorno prima, non pensava alla vita eterna. E noi? La Messa è per noi l'energia per andare verso la vita eterna, oppure è una "pratica religiosa" per tentare – non si sa mai! - di avere qualche "aiutino" per questa vita? Ci crediamo davvero che senza mangiare il pane disceso dal cielo – senza partecipare all'Eucaristia – il nostro cammino verso la vita eterna sarebbe troppo lungo per noi, come quello di Elia per arrivare all'Oreb, senza la focaccia e l'acqua dell'orcio? Il profeta, uomo dal coraggio straordinario e dalla fede incrollabile, deve scappare perché Gezabele, una regina corrotta e in combutta con i falsi profeti del dio Baal lo cerca per ucciderlo. L'aver fatto di tutto per difendere la fede nel Dio vero, ha esaurito le sue energie a tal punto da rinunciare alla sua missione di profeta: «Ora basta, Signore! Prendi la mia vita, perché io non sono migliore dei miei padri». Ma il Signore non abbandona chi lotta per lui, e la vicenda di Elia è esemplare: in essa ci ritroviamo tutti. Anche noi! Anche se noi non abbiamo niente della sua grandezza di uomo e di credente, sappiamo bene che nel nostro piccolo vivere resistendo e combattendo i Baal richiede energie che finiscono presto se non vengono ricaricate con una forza che possiamo soltanto ricevere dall'alto. Questo è il pane disceso dal cielo, questa è l'Eucaristia con la quale Gesù ci offre molto di più della focaccia e dell'orcio: ci offre se stesso, mantenendo la promessa fatta sul lago di Cafarnao, realizzata nell'Ultima Cena, resa possibile e sempre disponibile grazie alla sua risurrezione. Questo è la nostra Messa, anche quella più umile e semplice. Forse non ci pensiamo nemmeno più che essa è tutto questo, però, quando non è questo, o quando smette di esserlo o tutto in parte, diventiamo come la folla del lago che pian piano, inevitabilmente, si allontana da Gesù perché non trova in lui quello che cerca.

Ma non stiamo esagerando con questi paragoni tanto grandi: Elia, la folla del lago? Davvero si può paragonare la nostra vita fatta di piccoli gesti, di faccende sempre uguali, di rapporti con un cerchio ristretto di persone con quella di un profeta che sfida sul monte Carmelo "quattracentoquarantacinque" falsi profeti e la loro regina? Si può fare se crediamo a san Paolo in una delle sue più efficaci sintesi della vita cristiana: «Scompaiano da voi ogni asprezza, sdegno, ira, grida e maldicenze con ogni sorta di malignità. Siate invece benevoli gli uni verso gli altri, misericordiosi, perdonandovi a vicenda come Dio ha perdonato a voi in Cristo. Fatevi dunque imitatori di Dio, quali figli carissimi, e camminate nella carità, nel modo in cui anche Cristo ci ha amato e ha dato se stesso per noi, offrendosi a Dio in sacrificio di soave odore». Vivere combattendo tutti i giorni i "Baal" che si contrappongono a questi comportamenti non sarà un'avventura come quella di Elia, la battaglia sarebbe sfibrante, e anche noi ci arrenderemmo presto: "Basta, Signore, non ce la faccio". Il Signore lo sa e a noi manda un aiuto infinitamente più potente della focaccia e dell'acqua dell'orcio: viene egli stesso, scendendo dal cielo come pane vivo.


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