La ricchezza da non sperperare

XXV domenica del Tempo Ordinario - Anno C - 2022

Il badge per le «dimore eterne» è la condivisione.

La parabola dell’amministratore disonesto può sorprendere: “Ma come, Gesù loda la disonestà?”. Ovviamente questo non può essere, perché cancellerebbe tutto il messaggio evangelico. Gesù, infatti, non loda la manovra ladresca, ma la furbizia, la scaltrezza e la prontezza nel metterla in atto. Cose alle quali i figli di questo mondo (gli operatori di iniquità) ricorrono assiduamente, mentre non sempre lo fanno i figli della luce (gli operatori del bene). Questa amara constatazione offre a Gesù l’occasione per riaffermare l’esortazione a guardarsi dalla ricchezza che può diventare un’alternativa a Dio: «Non potete servire Dio e la ricchezza», perciò «fatevi degli amici con la ricchezza disonesta».

La ricchezza è disonesta?

L’aggettivo “disonesta” adoperato da Gesù suscita, da sempre, assillanti interrogativi. Non è difficile, infatti, far derivare da esso un atteggiamento negativo e sospettoso verso i beni della terra, come hanno dimostrato le scelte pauperistiche, iniziate già nella prima comunità di Gerusalemme. Questa interpretazione, però, non può essere accolta, perché contraddirebbe un messaggio fondamentale della Bibbia: tutto ciò che Dio ha creato è buono. Qual è allora la scelta saggia e giusta? Quali sono i criteri per distinguere e scegliere? La risposta la indica Gesù: «Dal cuore provengono propositi malvagi» (Mt 15,17-18). È perciò fondamentale riconoscere i sintomi che rendono ingiusto l’uso dei beni della terra.

I virus della ricchezza

Il primo e più evidente sintomo di ricchezza ingiusta è quella cercata e ottenuta con lo sfruttamento del povero e del debole. Gesù lo grida con forza: «Guardatevi dagli scribi, che… divorano le case delle vedove» (Mt 23,23), ponendosi sulla scia dei profeti, come Amos: «Ascoltate questo, voi che calpestate il povero
e sterminate gli umili del paese… Il Signore lo giura: “Certo, non dimenticherò mai tutte le loro opere”».
Ci sono, però, forme di disonestà più sottili e ingannevoli nelle quali è più facile cadere.

È ingiusta quando tarpa le ali.
Il pio giovane, esecutore scrupolosissimo di tutti i comandamenti, al «vieni! Seguimi!» di Gesù: «se ne andò, triste; possedeva infatti molte ricchezze» (Mt 19, 16-22). Gli bastava una vita senza slanci, appiattita sulle molte ricchezze, alla sequela di un altro padrone. Commenta Gesù: «Nessun servitore può servire due padroni… Non potete servire Dio e la ricchezza». «Perché, dov'è il tuo tesoro, là sarà anche il tuo cuore» (Mt 6,21).

È ingiusta quando diventa “cupidigia”.
La smania di ammucchiare, fa perdere il senso della vita. L’icona è il ricco stolto che, già ricco e possedendo molti beni, vuole ingrandire i suoi magazzini, illudendosi che la ricchezza gli avrebbe assicurato la bella vita per sempre. Ammonisce Gesù: «Fate attenzione e tenetevi lontani da ogni cupidigia perché, anche se uno è nell'abbondanza, la sua vita non dipende da ciò che egli possiede» (Lc 12,16-21). È frequente questo tipo di ricchezza disonesta? Basta chiederlo a quelle venti persone che posseggono il novanta per cento della ricchezza mondiale.

È ingiusta quando chiude gli occhi sugli altri.
C’è un altro testimone esemplare della ricchezza ingiusta, è il ricco che, in abiti «di porpora e lino finissimo», passa la vita tra «lauti banchetti». I «tormenti degli inferi» non gli arrivano perché era ricco, per i vestiti da boutique e i lauti banchetti, ma perché la ricchezza gli aveva tappato gli occhi, tanto da non vedere quel poveretto che stava ogni giorno alla sua porta (Lc 16,20-21).

La ricchezza onesta è la condivisione

C’è una alternativa all’uso disonesto della ricchezza? Certamente! È di nuovo Gesù a indicarla: «fatevi degli amici con la ricchezza disonesta, perché, quando questa verrà a mancare, essi vi accolgano nelle dimore eterne». La vita con tutto ciò che la compone: qualità, attitudini, capacità fisiche e spirituali… è la nostra onesta ricchezza. Essa diventa disonesta se assurge a padrone, se fa perdere il senso della vita, se chiude gli occhi e il cuore sui “Lazzaro” alla nostra porta, proprio quelli che, quando arriveremo nelle «dimore eterne», avranno in mano i biglietti di ingresso.


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