La rivincita della croce

Esaltazione della Santa Croce - Festa

Dall’umiliazione alla gloria.

Il 14 settembre del 335 d.C., a Gerusalemme, per volontà dell’imperatore Costantino, stimolato dalla madre Elena, veniva inaugurata una grande basilica sul luogo dove era stata ritrovata la croce di Gesù. Da allora la croce considerata dai romani il supplizio più umiliante, inflitto agli schiavi, ai nemici sconfitti, ai ribelli, diventa il segno di una vittoria talmente potente da vincere l’impero che dominava il mondo. Questo cenno storico è importante perché nel corso dei secoli fino a noi - soprattutto noi - i cristiani hanno se non perso, attutito molto - troppo -, il significato della croce come vittoria, lasciandolo diventare il simbolo del castigo, della imposizione, di una scelta di vita senza gloria, senza gioia, senza festa, senza coraggio, come traspare anche da diffusi modi di dire e luoghi comuni del tipo: “Mi è capitata questa croce, devo portarla”; “Perché Dio mi ha mandato questa croce?”. Dobbiamo riscoprire e testimoniare la potenza del monte Calvario dove l’apparente sconfitta della croce è diventata una vittoria.

L’umiliazione che esalta

Come concordare questa visione vittoriosa della croce con quello che dice san Paolo di Gesù: «svuotò se stesso assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini. Dall'aspetto riconosciuto come uomo, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e a una morte di croce (Fil 2, 7-8)»?
Gesù Cristo si è spogliato della sua divinità ed è diventato uomo per mostrarci cosa significa vivere da uomo e donna veri. La sua è stata tutt’altro che una vita lamentosa, paurosa, rassegnata a subire il male, la falsità, l’ingiustizia, ma una battaglia. Ogni giorno. A testa alta. Nonostante le insinuazioni, i tranelli, le accuse, le minacce, gli inganni, i tradimenti, la condanna del Sinedrio, della folla, del procuratore romano.
La croce è questa battaglia contro il male e la morte.

Il segno di croce

Il segno di croce è una professione di fede, una dichiarazione di appartenenza, una coraggiosa attestazione di fedeltà, un’invocazione a Dio Padre, Figlio, Spirito Santo di ogni fatto, avvenimento, gesto importante e, dopo, anche un grazie. È urgente recuperarlo e riappropriarci del suo significato. Per capire la necessità di questa operazione basta guardare come e quando viene fatto in chiesa e durante le celebrazioni. Si può affermare che se non si provvede è a rischio di scomparsa. Non si sa chi per primo ha diffuso questo segno, comunque antichissimo. A me piace pensare che sia fiorito via via quasi inconsapevolmente dai cristiani sparsi per il mondo che guardando il segno della sua morte e risurrezione hanno sentito il desiderio di portarla dentro la propria vita: nei pensieri, nei sentimenti, nelle azioni.

Nel nome del Padre, e del Figlio e dello Spirito Santo

Padre, la fronte è la mia intelligenza,
la mia capacità di scegliere,
la mia volontà e la mia libertà:
ciò che mi fa essere immagine tua.
In essa nascono e crescono i miei pensieri,
i miei progetti, le mie decisioni.
Padre, io ti metto nella mia fronte
affinché la mia vita sia come tu l’hai pensata.

Figlio di Dio, Gesù, fratello,
il petto è i miei sentimenti:
la capacità di amare il Padre
come tu ci hai insegnato;
la gioia di seguirti come Maestro;
l’impegno di amare gli altri come tu ci hai amato.
Figlio di Dio, Gesù, fratello,
io ti metto nel mio petto
affinché i mie sentimenti siano sempre fondati in te.

Spirito Santo, le spalle sono il mio agire,
sono la forza per sostenere
le scelte e le decisioni, l’impegno e la fatica
che una vita buona richiede.
Spirito Santo, io ti metto nelle mie spalle,
perché il tuo aiuto mi faccia capire Gesù
e aiutare a vivere come lui è vissuto.

Padre, Figlio, Spirito Santo,
vi metto nella mia vita e ve la affido.
AMEN!
(Tonino Lasconi, Amico Dio, Paoline Editoriale Libri, Milano 2007)


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