Dio e ricchezza. Quale padrone serviamo?
Il brano di Vangelo proclamato in questa domenica non è facile da capire, e ancora più difficile da praticare. Gesù racconta dell’amministratore disonesto (sembra una notizia dell’ultimo telegiornale!) non condannandolo severamente, ma lodandolo. È vero, non lo loda perché è un furfante che ha rubato prima che il padrone se ne accorgesse e anche dopo per assicurarsi la buonauscita, ma per la sua scaltrezza nel cavarsela; però, lodare la strategia messa in atto per danneggiare gli altri non è una cosa raccomandabile. A meno che - come in effetti è - la parabola sia un modo sferzante per scuotere i discepoli a fare il bene in maniera intelligente e coraggiosa; «prudenti come i serpenti e semplici come le colombe», dirà in un’altra occasione (Mt 10,16).
L’insegnamento che Gesù trae dal racconto porta a meravigliarci perché è una esortazione sorprendente: «Fatevi degli amici con la ricchezza disonesta». Questo sembra l’invito a imitare e a fare quello che la cronaca riferisce ogni giorno, rivelando le potenzialità impressionanti della ricchezza per corrompere, per minacciare, per comperare, per far tacere, per ricattare; vedi mafia, ‘ndrangheta, camorra… con il seguito di affittopoli, appaltopoli, calciopoli, clientelopoli, concorsopoli, mazzettopoli, rimborsopoli, terromotopoli…
Anche a questo proposito il messaggio non può essere quello della prima impressione, perché Gesù precisa che con questa operazione non ci si guadagna, non si conquista più potere, ma si ottiene l’essere accolti «nelle dimore eterne», premio che ai servitori del dio ricchezza non interessa granché.
Il brano evangelico continua a interrogarci. Gesù parla di «ricchezza disonesta». La sua è una condanna senza appello e senza eccezioni della ricchezza, oppure è l’affermazione che essa, come ogni cosa umana, è disonesta oppure onesta a seconda di come la si conquista e dell’uso che se ne fa? Esiste la ricchezza disonesta per come viene conquistata e come viene investita? Ce n’è troppa, avanza, preoccupa. È un continuo parlare di miliardi, di milioni di miliardi, di cifre che è difficile anche immaginare, da dove derivano? Servono questi soldi per essere accolti “nelle dimore eterne?”. No, ma per missili, droni, aerei invisibili…, tutto quanto serve per distruggere, per fomentare odio, rivincite, rancori.
Guardiamo cosa sta accadendo a Gaza, in Ucraina, e in altre guerre ugualmente odiose anche se meno raccontate come quella nel Sudan, per la quale papa Leone ha lanciato un appello urgente alla comunità internazionale e ai responsabili del Sudan al fine di fermare la catastrofe umanitaria in corso, con particolare attenzione alla sofferenza di famiglie e bambini sudanesi. Senza dimenticare quelli ucraini portati in Russia e obbligati a “russianizzarsi” con la violenza.
A questo punto non è possibile evitare la domanda per quanto retorica, scontata e ripetuta con tristezza e delusione: quanto bene si potrebbe fare con il costo di un aereo supersonico, con un sottomarino nucleare, con una bomba atomica? Macché! I poveri e gli affamati possono aspettare.
Non si può servire due padroni, dice Gesù, o Dio o la ricchezza. Purtroppo la scelta vincente non è il servizio a Dio. Da sempre! Ottocento anni prima di Cristo il profeta Amos rimproverava i contemporanei per le stesse malefatte di oggi: «Ascoltate questo, voi che calpestate il povero e sterminate gli umili del paese, che alzate i prezzi, che usate bilance false, per comprare con denaro gli indigenti e il povero per un paio di sandali».
Il panorama non è incoraggiante e di fronte a esso verrebbe la voglia di arrendersi alle cose così come vanno perché così continueranno ad andare. Ma non si può abbandonare la speranza. È vero, ci si sente impotenti e non si vede cosa potremmo fare. San Paolo, quando i tempi non erano sicuramente migliori dei nostri, esortava a «pregare per i re e per tutti quelli che stanno al potere, perché possiamo condurre una vita calma e tranquilla, dignitosa e dedicata a Dio». Questo possiamo e dobbiamo farlo. Nel frattempo però controlliamo quale padrone serviamo.