Guardiamo chi c’è alla nostra porta.
C’è un uomo ricco, elegante, spensierato, festaiolo, sicuramente molto conosciuto nei dintorni, con la casa sempre affollata di invitati. Gesù non ci dice il nome. C’è un altro uomo, affamato, piagato, sofferente, povero. Non lo cerca nessuno, e a nessuno interessa sapere come si chiama. Gesù lo sa e ce lo dice: Lazzaro. Questo senza urlare, senza protestare, senza pretendere, si mette davanti alla porta del ricco, con la speranza di ricevere i rimasugli di focaccia che i commensali, dopo averli intinti nei piatti comuni e mangiucchiati, buttano per terra. Ma niente.
Il ricco, uscendo ed entrando da quella porta chissà quante volte al giorno, non si interessa assolutamente del povero, nemmeno lo vede.
Il povero muore e viene «portato dagli angeli accanto ad Abramo». In alto. Il ricco muore e viene sepolto. In basso. La situazione è capovolta e la differenza di trattamento è totale. Adesso è il ricco a sperare da Lazzaro almeno una goccia d’acqua per liberarsi un istante dalla fiamma che lo fa soffrire terribilmente. Ma niente da fare! Ormai i giochi sono fatti, e il tempo delle scelte è finito.
Ma perché il ricco viene punito? Non perché è ricco, non perché veste costoso ed elegante, non perché banchetta lautamente, ma perché ha ignorato Lazzaro, e non ha condiviso con il povero nemmeno gli avanzi dei suoi ricchi pranzi. Perché si è comportato come «gli spensierati di Sion», che «distesi su letti d’avorio e sdraiati sui loro divani mangiano gli agnelli del gregge… canterellano al suono dell’arpa, bevono il vino in larghe coppe, e si ungono con gli unguenti più raffinati» infischiandosene della rovina del loro popolo. Sembra di vederli! Anzi li vediamo.
Il peccato che cancella davanti a Dio il nome di chi lo compie è l’indifferenza. Dio non soffre per i figli che stanno bene, ma per quelli che stanno male. Ciò che Dio non vuole vedere non sono la ricchezza, i vestiti belli ed eleganti, i lauti banchetti ma l’egoismo che chiude gli occhi ai “Lazzaro” davanti alla loro porta, per i quali, pur non essendo in grado di risolvere i problemi - oggi davanti alla nostra porta arrivano “Lazzaro” da tutto il mondo e questo può indurci al “ci penseranno quelli che possono”, e all’indifferenza - un saluto, un pensiero, una preghiera non dovrebbero mai mancare.
Cosa possiamo fare in concreto? Non è facile suggerire percorsi che valgano per tutti, ma ognuno conosce se stesso, le proprie scelte, la propria situazione e quella dove può intervenire: Gaza, Ucraina, Sudan… la Caritas, il coinquilino, il disoccupato….
Nella prima lettura, il profeta Amos presta la voce a Dio per minacciare «guai agli spensierati che si considerano sicuri sulla montagna di Samaria! Andranno in esilio in testa ai deportati e cesserà l’orgia dei dissoluti». Il salmo che abbiamo pregato ci ha fatto pronunciare parole bellissime, consolanti e rassicuranti: «Il Signore rimane fedele per sempre, rende giustizia agli oppressi, dà il pane agli affamati. Il Signore libera i prigionieri. il Signore protegge i forestieri. Egli sostiene l’orfano e la vedova. Sconvolge le vie dei malvagi…». Ma quando e dove fa questo se i ricchi sono sempre di più e sempre più ricchi, e i “Lazzaro” sempre di più e sempre più poveri? Per farla breve: perché Dio non fa niente?
Dio ci ha dato e ci dà tutto quello che poteva darci per essere sua immagine e suoi collaboratori: l’intelligenza per capire i problemi e la capacità per risolverli. Cosa dovrebbe fare trasformarci in birilli da muovere come pedine? San Paolo anche in questa domenica ci stimola a vivere la fede come una «buona battaglia», e ci indica anche le armi: la giustizia, la pietà, la fede, la carità, la pazienza, la mitezza. E queste praticate con sincerità, generosità, gratuita che aprono gli occhi sui Lazzaro e su quello che possiamo fare per non cadere nella tomba dell’indifferenza.