La vita come responsabilità

IV Domenica di Pasqua - Anno B - 2018

L'immagine del buon pastore ha sempre incantato i cristiani e non solo. In effetti è consolante e rassicurante. Essa però non è per la poesia. È la chiamata a una vita che sia dono per gli altri.

Tra titoli che Gesù attribuisce a se stesso: "maestro", "figlio dell'uomo", "la via, la verità, la vita"..., quello che i cristiani hanno raccolto con più simpatia è sicuramente: "buon pastore". Non per niente la prima immagine dipinta o scolpita di Gesù è stata il pastore con la pecorella sulle spalle.

In effetti pensare a Gesù che si rende cura di noi fino a dare la vita, che ci sta vicino, ci conosce, ci viene a cercare se ci allontaniamo da lui, è consolante e rassicurante. Chi non ha cercato qualche volta conforto, immaginandosi sulle spalle di Gesù al posto della pecorella? Tutto bello. Tutto vero. Gesù, però, non è un pastore "buono", da "Mulino Bianco", tra prati verdi, ruscelli limpidi e pecorelle affettuose, come certe immaginette devozionali inducono a fantasticare, ma perché "dà la propria vita per le pecore". È "buon pastore" non perché ama la campagna, ma le pecore. Perché non scappa di fronte al lupo, ma si sacrifica per loro. Perché quando sono in difficoltà non "passa oltre" ma le vede, ha compassione, si fa vicino, soccorre, provvede a risolvere il loro problema. Perché non si fa lavare i piedi, ma li lava.
Bellissima, quindi, l'immagine di Gesù "buon pastore", a patto che non rimanga poesia, ma diventi vita che sente la responsabilità verso gli altri, e si rende disponibile a "donarsi" per loro.

Questo non è un impegno superiore alle nostre forze? Lo sarebbe, se non ci fosse il "buon pastore" che l'ha data e continua a darla per noi, trasmettendocene la capacità. Infatti sono innumerevoli i cristiani che lo hanno seguito, a volte anche morendo, ma soprattutto vivendo come un dono per gli altri. Se alcuni di questi santi e sante ci sembrano inimitabili per la loro grandezza, tantissimi altri, piccola gente come noi, sono stati in grado di vivere quella santità quotidiana che papa Francesco ha riproposto con l'esortazione "Gaudete ed exsultate" (Rallegratevi ed esultate), consegnata il giorno della festa di san Giuseppe. "Dare la vita", nel nostro piccolo quotidiano, significa, infatti, perdonare, creare pace, essere solidali, condividere, farsi carico...: tutti gesti alla nostra portata.


Il "buon pastore" è per tutti

In questa domenica, sempre con questo brano di vangelo, da 55 anni si celebra la Giornata Mondiale per le Vocazioni. Questa concomitanza e la mentalità che la vocazione fosse una questione per preti, frati e suore, ha fatto sì che si pensasse a Gesù "buon pastore" come un modello riservato a loro, mentre ai laici rimaneva l'impegno di pregare perché i loro "pastori" fossero capaci di seguirlo. No è così! Gesù "buon pastore" è modello di vita per tutti. Gli atteggiamenti indicati dal Papa Francesco nel suo messaggio per questa "giornata": "ascoltare, discernere, vivere la chiamata del Signore" sono per tutti coloro che intendono ascoltare la sua "voce" in qualsiasi stato e condizione di vita. Chi è sposato deve esserlo da "buon pastore". Chi non lo è, ugualmente. Chi è genitore, deve esserlo da "buon pastore". Chi non lo è ugualmente. I preti e i religiosi devono essere tali da "buon pastore".


Tutto facile, allora?

Tutto difficile. Perché vivere la responsabilità verso gli altri è una di quelle "pietre" che mentre dovrebbero essere a fondamento della vita personale, familiare, sociale, vengono "scartate" e sostituite dalla pretesa che debbano essere gli altri a preoccuparsi per noi. Tutto difficile, quindi, ma con il Buon Pastore che ci conosce e ci sostiene tutto diventa possibile.


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