L'alto monte trasfigura la pianura

II domenica di Quaresima - Anno A - 2023

Ritrovare energie fresche per rispondere alle richieste della fede.

«Signore, è bello per noi essere qui! Se vuoi, farò qui tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia». L’entusiasmo di Pietro si comprende meglio se lo si inquadra nel contesto. «Sei giorni prima», Gesù aveva «spiegato» ai discepoli «che doveva andare a Gerusalemme e soffrire molto da parte degli anziani, dei capi dei sacerdoti e degli scribi, e venire ucciso e risorgere il terzo giorno», e enunciato le condizioni per essere suoi discepoli: «Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua». Essi, che speravano grandi vantaggi dalla loro avventura con il Maestro, temendo la conferma che davvero tutto sarebbe finito così, non riuscivano a crederci, e non avevano il coraggio di chiedere spiegazioni per evitare risposte sgradite. Ma anche lo stesso Gesù (lo si intuisce dalla sua forte reazione: «Va' dietro a me, Satana! Tu mi sei di scandalo!», al tentativo di Pietro di rassicuralo: «Dio non voglia, Signore; questo non ti accadrà mai») sentiva il peso del momento decisivo della sua missione, che gli chiedeva, come ad Abramo, di «lasciare terra, parentela, casa».

È in questa situazione che Gesù «prende in disparte» Pietro, Giacomo e Giovani, i tre discepoli che avevano più difficoltà ad accettare la sua preoccupante previsione, «e li conduce su un monte alto» dove il Padre - che aveva mandato «gli angeli a servirlo» dopo la vittoria sulle tentazioni nel deserto (Mt 4,11), e che gli manderà un angelo a consolarlo nell’orto degli ulivi (Lc 22,43) - lo trasfigura con un lampo della sua gloria futura, assicurandogli la sua predilezione e incoraggiando i suoi discepoli ad ascoltarlo: «Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento. Ascoltatelo».

Scendere nella pianura

Affascinati da questa visione, Pietro, Giacomo e Giovanni avrebbero voluto rimanere per sempre lassù, dove era bello stare. Invece no. Bisognava scendere. “Il ritiro” sull’alto monte (come commenta papa Francesco nel suo messaggio per la Quaresima 2023) non è fine a sé stesso, perché non ci si può rifugiare «in una religiosità fatta di eventi straordinari, di esperienze suggestive, per paura di affrontare la realtà con le sue fatiche quotidiane, le sue durezze e le sue contraddizioni». L’alto monte non è il luogo per vivere, ma per ricaricarsi di disponibilità nuova, per rispondere alla chiamata: «Vattene dalla tua terra, dalla tua parentela e dalla casa di tuo padre, verso la terra che io ti indicherò». La Quaresima - esorta il papa - va vissuta «come un lasciarci prendere dal Signore per essere condotti in disparte» su un alto monte, «anche se i nostri impegni ordinari ci chiedono di rimanere nei luoghi di sempre, vivendo un quotidiano spesso ripetitivo e a volte noioso», e poi scendere portando con noi il «l’imperativo che Dio Padre rivolge ai discepoli: “Ascoltatelo”».

Trasfigurare la realtà

La Trasfigurazione va portata nella realtà per trasfigurala. Per questa operazione il Papa indica due percorsi. Il primo è mettersi in ascolto del Signore che ci parla nella Parola di Dio, che la Chiesa ci offre nella Liturgia: «se non possiamo partecipare sempre alla Messa, leggiamo le Letture bibliche giorno per giorno, anche con l’aiuto di internet». Il secondo è ascoltarlo nei fratelli, «soprattutto nei volti e nelle storie di coloro che hanno bisogno di aiuto». Per non cadere in propositi presuntuosi, destinati a essere disattesi, papa Francesco, in questi anni ha offerte tante volte indicazioni alla portata di tutti: salutare sempre, ovunque e con gioia le persone che vedi tutti i giorni. Ringraziare, anche se non "si dovrebbe". Celebrare le qualità o successi degli altri. Correggere con amore, e non tacere per paura. Digiunare di parole offensive, di scontentezze, di egoismo, di parole. Nutrirsi di parole gentili, di gratitudine, di compassione, di silenzio e di ascolto.


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