Le cose di lassù lievito delle cose di quaggiù

Domenica di Pasqua - Anno A - 2017

La gioia dell'Alleluia pasquale è il lievito che fa fermentare la pasta del nostro quotidiano, ci rassicura che Cristo Risorto ci fa passare dalla morte alla vita e ci spinge a fissare lo sguardo sulle "cose di lassù".

Al culmine della Veglia Pasquale, risuona il gioioso annuncio dell'angelo: "Non è qui. È risorto" (Mt 28,1-10). Nella Messa del giorno, il vangelo ci spinge a correre con Pietro e Giovanni al sepolcro vuoto per vedere, toccare, credere che: la morte è stata vinta: "Allora entrò anche l'altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette. Infatti non avevano ancora compreso la Scrittura, che cioè egli doveva risorgere dai morti" (Gv 20,1-9). Nella Messa vespertina, quando il giorno della festa di Pasqua sta per tramontare, Gesù in persona, comminando con noi verso Emmaus, ci indica come portare la fede nella sua risurrezione dentro la vita di ogni giorno (Lc 24,13-35), facendosi riconoscere nel segno del pane spezzato. E' la grande liturgia di Pasqua, la "festa" dalla quale tutte le domeniche e tutte le altre feste prendono vita.

Ma questa festa, con i suoi Alleluia!: l'annuncio della vita che trionfa sulla morte, la sofferenza che non è inutile e ottusa, perché sfocia inevitabilmente nella gioia, come il seme che marcisce per portare frutto; tutto il carico di valori positivi di fiducia, di speranza, di ottimismo che porta con sé, ha qualche attinenza con la vita reale, oppure è soltanto una celebrazione consolatoria, una passeggera, mistificante vendita di illusioni?

Nella vita reale, infatti, questi Alleluia!, queste positività, sono difficili da vedere, e con i giornali, i telegiornali, le chiacchiere della gente che non parlano altro che di crisi di lavoro, di consumi, di soldi, di giustizia, di sicurezza, di ideali..., sono soltanto un'eco lontana.

E allora ha senso la Pasqua?

Hanno un senso queste celebrazioni, questi auguri, questi riti, questi segni di gioia, oppure sono una parentesi, un breve ponte, in una situazione di tristezza permanente?
E la Pasqua di Gesù ha qualche attinenza con la nostra vita concreta, oppure è un rito da celebrare per abitudine, per consuetudine sociale, e perché ogni occasione di fare festa è comunque sempre da cogliere?

La Pasqua di Gesù non soltanto ha a che fare con la vita, ma è la vita, naturalmente se essa non è ridotta a occasione annuale di riti, canti e belle parole, ma diventa vivere il quotidiano secondo la legge del morire per risorgere.
Già, morire per risorgere...

Ma chi significa? Lo si può spiegare in tanti modi. Scegliamo quello indicato da san Paolo: "Fratelli, se siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù, dove è Cristo, seduto alla destra di Dio; rivolgete il pensiero alle cose di lassù, non a quelle della terra".

Stiamo attenti! Le "cose di lassù" non sono quelle campate per aria, quelle che potremo godere semmai dopo, lassù in cielo, ma quelle che portano lassù; quelle che spingono la nostra vita verso un livello più alto di qualità, di bontà e di bellezza, come Dio l'ha pensata e la vuole. Le "cose di lassù" sono quelle che Gesù ha predicato e praticato quaggiù, scatenando lo scontro con i farisei e i capi del popolo, perché mettevano in crisi la loro sottomissione alle cose di quaggiù, alle "cose della terra".

Le "cose di lassù" sono quelle che Gesù ha raccolte nel segno dello spezzare il pane, il segno nel quale è possibile riconoscerlo come Maestro e farsi riconoscere come suoi discepoli. Vivere la Pasqua significa inserire il "morire per risorgere" nei pensieri, nelle parole, nelle azioni del quotidiano, come lievito che fa fermentare tutta la massa.

Soltanto così le lamentele possono cambiare in Alleluia!


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