Le credenziali del cristiano

IV Domenica di Pasqua - Anno C - 2022

Le pecore di Gesù non sono quelle del gregge.

Si è sempre cercato di definire quando e perché ci si può chiamare cristiani. Si può fare a meno di cercare, ricorrendo alla soluzione indicata da Gesù con poche e semplici parole che il vangelo di questa domenica ci propone: «Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono». Superando l’inevitabile disagio del chiamarci “pecore” (oggi un appellativo dispregiativo, non una risorsa fondamentale come nella società contadina) scopriamo che per essere suoi discepoli Gesù esige tre credenziali: 1. ascoltare la sua voce; 2. farsi conoscere e conoscerlo; 3. seguirlo.

1. L'ascolto

«Le mie pecore ascoltano la mia voce», afferma Gesù. Ascoltare non si identifica con sentire, perché l’ascolto richiede capire, accettare, rispondere. Il pastore non chiama le sue pecore lanciando grida nel mucchio, ma «ciascuna per nome» (Gv 10, 3), con voce, tono, intensità personalizzati. Le sue pecore rispondono non perché sanno come si chiamano, ma perché riconoscono che quella voce è per loro. Se altri le chiamassero con quello stesso nome, esse lo sentirebbero, ma non lo ascolterebbero.
E noi? Ascoltiamo e riconosciamo la voce di Gesù, oppure la sentiamo come tutte le altre, anzi meno, perché esse sono rumorose, concrete, lusinghiere, mentre quella di Gesù, che ci arriva dalle persone, dai fatti e dalle circostanze, è tenue e richiede silenzio, meditazione, e preghiera?
Abbiamo la capacità di creare a questo “ascolto” non soltanto uno spazio di tempo sottratto alle attività quotidiane, ma un atteggiamento costante di attenzione per ciò che rimbalza sommessamente dai pensieri, dalle parole, dalle vicende che ci coinvolgono?

2. La conoscenza

«Le mie pecore… io le conosco». “Conoscere” nel vangelo - come in tutta la Bibbia - non vuol dire semplicemente sapere, essere informati, per esempio, che… quella persona che vedo ogni tanto, che saluto con un cenno, che non so che lavoro fa, né se è sola o ha famiglia, se le interessa il mio buongiorno… si chiama, mi pare, così. Conoscenza nel linguaggio biblico significa relazione, amicizia, comunione di intenti, di idee e sentimenti.
E noi? Lo conosciamo Gesù a questo livello? Rispondere sinceramente è più facile, tenendo conto che questo livello di ascolto presuppone quello precedente del sapere, e dell’essere informati. Allora, noi cosa sappiamo di Gesù e del suo messaggio? Abbiamo mai letto il Vangelo, come raccomanda senza stancarsi Papa Francesco: «avere sempre con sé un’edizione tascabile del Vangelo per poterlo facilmente leggere ogni giorno»? A parte il Vangelo tascabile o il più pratico cellulare e tante altre soluzioni facilmente disponibili, riteniamo possibile che oggi ci si possa sentire cristiani, sapendo di Gesù soltanto i rimasugli del catechismo e delle prediche?

3. La sequela 

«Le mie pecore… mi seguono». Il seguire è la conseguenza del sentire e dell’ascoltare una voce che si riconosce fatta risuonare per noi da una persona buona, amica, seria, in grado di indicarci la strada del vero, del buono e del bello, per una vita positiva e ben spesa per noi e per gli altri. È così che si diventa “pecore” di Gesù.

Mai in standby

Per entrare in possesso di queste credenziali, di questo badge, è necessario non vivere mai in standby, ma in continua ripartenza (il Vangelo la chiama conversione), interrogandosi sulle proprie scelte con la disponibilità a cambiarle. Le pecore di Gesù non possono mai rifugiarsi nel “ho fatto sempre così”, “mi hanno insegnato così”, “tutti fanno così”, diventando pecore del gregge. Seguirlo – direbbe don Tonino Bello – significa non essere cozze attaccate alle rocce, ma gabbiani che si abbandonano all’ebbrezza del vento.
“Ma convertirsi da cosa?”. Dal male al bene. Da un bene a uno più grande. Continuamente. Fino a quando ci accoglierà la “moltitudine immensa”, che sta in piedi davanti al trono dell’Agnello, dove sgorgano le fonti delle acque della vita, e Dio asciuga ogni lacrima dagli occhi.


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