Ma essere cristiani è davvero un guadagno?

XXVIII Domenica del Tempo Ordinario - Anno B - 2015

La Parola di Dio di questa domenica ci penetra come una spada, ci stimola a verificare se per noi seguire Cristo è una scelta che ci procura la vera ricchezza e la vera gioia, oppure no.

La Parola di Dio è sempre "viva, efficace e più tagliente di ogni spada a doppio taglio; essa penetra fino al punto di divisione dell'anima e dello spirito, fino alle giunture e alle midolla, e discerne i sentimenti e i pensieri del cuore". Qualche volta, soprattutto se la ascoltiamo superficialmente, ce ne accorgiamo di meno. Altre volte invece, come in questa domenica, è impossibile non sentire la spada che penetra. Allora bisogna fermarsi a riflettere.

Un tale, che l'evangelista Matteo precisa essere un giovane, tanto per bene da rischiare l'antipatia, vuole fare bella figura con Gesù, sperando di essere additato – magari perché lusingato dal complimento: "Maestro buono" – come esempio di fedeltà alla Legge, "osservata fin dalla giovinezza". Gesù lo spiazza, chiedendogli di uscire dalla sua vita perbene per lanciarsi in un'avventura di generosità. A questo slancio il tale non aveva mai pensato, e non ci vuole pensare, perciò "si fece scuro in volto e se ne andò rattristato; possedeva infatti molti beni".

Triste, perché?

Potrebbe essere – come preferiscono interpretare le prediche – per la consapevolezza di avere perso una grande occasione. Ma forse c'è una spiegazione più semplice: invece della bella figura che si aspettava, ne aveva fatta una pessima.

Gesù lo guarda andare via, commentando: "È più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio". I discepoli rimangono stupiti e parlottano tra di loro. Pietro, come al solito, non può stare zitto, e coglie la palla al balzo: "E noi che abbiamo lasciato tutte le nostre ricchezze: il lavoro, la famiglia, il paese, gli amici... Cosa ci guadagniamo?".

Ci guadagna, intanto, la risposta di Gesù: "Non c'è nessuno che abbia lasciato casa o fratelli o sorelle o madre o padre o figli o campi per causa mia e per causa del Vangelo, che non riceva già ora, in questo tempo, cento volte tanto in case e fratelli e sorelle e madri e figli e campi, insieme a persecuzioni, e la vita eterna nel tempo che verrà".

Ed ecco la spada! Va bene. Che avremo in eredità la vita eterna nel tempo che verrà, può darsi. Sapremo dopo cosa succede. Ma che "già da ora, in questo tempo", riceveremo "cento volte tanto", come si fa a crederci? Facciamo entrare la spada nel profondo "dei sentimenti e dei pensieri del cuore", chiedendoci: noi che ci diciamo cristiani siamo convinti che questa scelta sia stata per noi un guadagno? Sentiamo di stare ricevendo il centuplo già ora in questo tempo? Coloro che vivono accanto a noi hanno la percezione che seguire Gesù ci abbia reso persone fortunate? Vedono in noi la gioia di chi ha trovato il tesoro, oppure la malinconia di chi ha perso il portafoglio? E le persecuzioni? C'è gente che ci disprezza, che ci contrasta, che ci mette in ridicolo, che ci procura difficoltà e sofferenze?".

Quali risposte diamo a queste domande?

Cosa ci differenzia, infatti, da coloro che non credono? Ci ammaliamo come gli altri, fatichiamo ad arrivare alla fine del mese come gli altri, moriamo quando non dovremmo come gli altri. Dove starà questo centuplo? Eppure Gesù l'ha detto e l'ha detto chiaro. Le sue parole non possono essere piluccate qua e là, come gli acini più gustosi di un grappolo d'uva. O tutto o niente! Allora?

Allora dobbiamo verificare seriamente se abbiamo lasciato realmente le nostre ricchezze, oppure se siamo a metà strada tra il giovane ricco e i discepoli. Se non siamo convinti che con la scelta cristiana ci "sono venuti tutti i beni", che "tutto l'oro al suo confronto è come un po' di sabbia", che essa è per noi "una ricchezza incalcolabile", domandiamoci se questa scelta l'abbiamo davvero fatta.


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