Ma i cieli dove sono?

IV domenica del Tempo Ordinario - Anno A - 2023

Le Beatitudini conducono al cielo se operano già nel presente.

Il brano delle Beatitudini, anche se lo si conosce a memoria, è sempre nuovo, e ogni volta, magari con una parola e una frase, provoca riflessioni e interrogativi nuovi. È così sicuramente per l’affermazione che apre e chiude il testo: «di essi è il regno dei cieli» (dei poveri in spirito), ripetuta anche dopo per i perseguitati per la giustizia e leggermente variata in «grande è la vostra ricompensa nei cieli», e anche dopo il «beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia». Ma cos’è il cielo (i testi adoperano il plurale perché si credeva che fossero sette) e dov’è? La parola spinge istintivamente a portare gli occhi verso l’alto, perché il cielo con il suo azzurro e le sue nuvole sta lassù, sopra le nostre teste; essa diventa, però, carica di domande, quando indica l’abitazione di Dio: «Il Signore ha posto il suo trono nei cieli» (Sal 103, 19), «Il nostro Dio è nei cieli» (Sal 115,3), «Padre nostro che sei nei cieli» (Mt 6,9). Tra le tante domande una non può essere evitata: se la casa di Dio è lassù, i cieli diventeranno nostri quando andremo a vivere con lui per sempre lassù?

Il cielo per dopo

Se il regno dei cieli promesso da Gesù a coloro che vivono le Beatitudini fosse per dopo, per quando si entrerà nella casa di Dio, sarebbe difficile ritenere le sue parole un premio gioioso, ed esse, considerate giustamente la sintesi del messaggio evangelico, sarebbero da evitare. Per fortuna non è così. Infatti Gesù non dice “di essi sarà il regno dei cieli”; “grande sarà la vostra ricompensa nei cieli”. Il premio quindi non è per il dopo, ma per il presente: “di essi è”, “grande è”. Se non fosse così, quaggiù, nel presente, i poveri in spirito, quelli che piangono, i miti, gli affamati e assetati di giustizia, i misericordiosi, i puri di cuore, gli operatori di pace, i perseguitati per la giustizia sarebbero povera gente che accetta di vivere tra pene e privazioni in attesa di un bene che verrà. Questa non sarebbe davvero una prospettiva esaltante, e avrebbero ragione coloro che compatiscono quelli che la accettano.

Il cielo qui e ora

I soggetti delle promesse delle Beatitudini non sono chiamati a lasciare questa casa terrena per quella di Dio che verrà. Gesù ha chiarito le cose: «il regno di Dio è in mezzo a voi!» (Lc 17,21), ed è «simile a un granello di senape, che un uomo prese e gettò nel suo giardino; crebbe, divenne un albero e gli uccelli del cielo vennero a fare il nido fra i suoi rami»; e «come lievito, che una donna prese e mescolò in tre misure di farina, finché non fu tutta lievitata» (Lc 13,19-21). Seme e lievito… Due parole che non rimandano a realtà di lassù e per dopo, ma a quelle “dentro” il presente, come certifica un’altra affermazione che non lascia incertezze: «non c'è nessuno che abbia lasciato casa o moglie o fratelli o genitori o figli per il regno di Dio, che non riceva molto di più nel tempo presente e la vita eterna nel tempo che verrà» (Lc 18, 29-20).

Beati nel presente?

Ma come si fa a credere che i poveri in spirito, quelli che piangono, i miti, gli affamati e assetati di giustizia, i misericordiosi, i puri di cuore, gli operatori di pace, i perseguitati per la giustizia hanno già “nel presente” la ricompensa del regno dei cieli? Come si può ritenere beati già adesso quelli che il mondo ritiene perdenti e da commiserare? La risposta la conosciamo: “per fede”, affidandosi cioè alla parola di Gesù e confidando nella sua misteriosa consolazione. Però se l’unica risposta fosse questa, sarebbe difficile allontanare il dubbio che la fede in Gesù sia un peso gettato sulle nostre spalle; e sarebbe ancora più impegnativo credere a ciò che ha dichiarato: «Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena» (Gv 15,11); «Chiedete e otterrete, perché la vostra gioia sia piena» (Gv 16,24). Le Beatitudini, invece, anche dal punto di vista semplicemente umano, sono scelte salutari per una vita buona, sana, positiva. Cosa suggeriscono, infatti, gli psicologi e gli psichiatri a chi è depresso, demotivato, scontento, passivo? Non chiudersi in se stessi, affrontare con coraggio le difficoltà, creare rapporti positivi e fiduciosi con gli altri, non cedere al non fare niente, impegnarsi in attività positive… praticamente, le Beatitudini!


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