Ma la parola di Dio non è incatenata

XXVIII Domenica del Tempo Ordinario - Anno C - 2016

La liturgia di questa XXVIII domenica del tempo ordinario ci presenta tre personaggi significativi: Naamàn il siro che, per ringraziare il Signore, torna a casa con il carretto pieno di terra palestinese, Paolo che predica il vangelo anche in catene e il samaritano guarito dalla lebbra che torna da Gesù per ringraziarlo.

Paolo è in prigione, in catene "come un malfattore". Sembrerebbe che tutte le sue fatiche, tutte le sue sofferenze, tutti i suoi viaggi siano andati in fumo. Invece, dentro questa situazione umanamente fallimentare, l'apostolo nutre una certezza incrollabile e rassicurante: "Ma la parola di Dio non è incatenata".

E' così, anche quando umanamente sembra che all'evangelizzazione sia preclusa ogni strada, perché la "salvezza che è in Cristo Gesù" non può essere fermata dalle catene degli uomini. Infatti le vie che essa percorre sfuggono alla logica, ai criteri, alle rilevazioni umani, perché il suono della sua voce è quella dello Spirito che, come "il vento soffia dove vuole e ne senti la voce, ma non sai da dove viene né dove va" (Gv 3,8), e arriva a orecchi e cuori che non ti aspetti.

I due episodi proclamati dalla Parola di Dio di questa domenica ce lo ricordano e ce lo confermano.
"C'erano molti lebbrosi in Israele al tempo del profeta Eliseo; ma nessuno di loro fu purificato, se non Naamàn, il Siro", ricorda Gesù (Lc 4,27). Naamàn! Uno straniero, un nemico che scorrazzando per la Palestina a capo delle sue bande aramee in cerca di schiavi, aveva catturato anche la ragazza che poi l'avrebbe indirizzato al profeta Eliseo. C'erano dieci lebbrosi intorno a Gesù, ma quello non guarito non soltanto dalla malattia, ma salvato dalla fede, fu un samaritano.

"Ma la parola di Dio non è incatenata".

Dobbiamo custodire e rafforzare questa convinzione, altrimenti potremmo finire per convincerci del contrario. Oggi, forse che più che in tempi passati, il panorama non è incoraggiante. In tanti paesi del mondo i cristiani sono in catene anche fisicamente, come Paolo. In altri paesi come nel nostro, le catene, forse anche più insidiose, sono culturali. Constatiamo quanto sia difficile aprire alla fede persino i bambini, già immersi, come i grandi, in una "parola degli uomini" diffusa in maniera asfissiante dai grandi media: televisione, cinema, internet, e predicata da showman e showgirl, nonché da campioni dello sport con "prediche" e modelli di vita che inducono a considerare sorpassato, tutto ciò che rimanda alla parola di Dio: verità di fede, indicazioni morali, la domenica, le tradizioni cristiane, persino i simboli come il crocifisso e le immagine sacre.

Guai, però, a credere che non ci sia più spazio per la parola di Dio. Sicuramente, non sappiamo dove e non sappiamo come, ci sono tanti Naamàn che decidono di "non compiere più un olocausto o un sacrificio ad altri dèi, ma solo al Signore"; sicuramente ci sono tanti "stranieri" che tornano a lodare Dio.

In queste prime settimane di ottobre riprendono il via tutte le attività parrocchiali. Per ripartire con l'entusiasmo e la convinzione necessari è fondamentale vincere il pessimismo che potrebbe scaturire dagli insuccessi passati e dagli ostacoli prevedibili. Se cedessimo, saremmo noi a tentare di incatenare la parola di Dio.

Ci sprona e incoraggia l'esempio di papa Francesco. Non smette di parlare di pace, di ponti, di accoglienza, di misericordia anche se sembra che nessuno lo ascolti. La sordità umana non gli chiude la bocca, e certamente la Parola troverà accoglienza dove i nostri occhi non arrivano. Non siamo il papa, però siamo genitori, catechisti, parroci, parenti, amici... Tutti abbiamo il dovere dei discepoli di Gesù di fare arrivare dovunque la sua parola, senza pretendere di calcolare i successi.

Naamàn che per ringraziare il Signore torna a casa con il carretto pieno di terra palestinese, Gesù che loda il samaritano tornato a ringraziarlo, ci ricordano che la fede è un dono al quale deve corrispondere un impegno: "Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date" (Mt 10,8).


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