Né classifiche né graduatorie

XXI domenica del Tempo Ordinario - Anno C - 2022

La strada del bene è impegnativa ma arriva al traguardo.

«Sforzatevi di entrare per la porta stretta», ammonisce Gesù. E subito ci prende un po’ di tristezza, perché l‘aggettivo “stretta” richiama fatica, disagio, affanno, stress… Insomma, mai una volta un invito alla tranquillità e alla facilità.
Ma qual è, e dove sta, e dove introduce questa porta stretta davanti alla quale sgomita una grande folla per riuscire a entrare?
La nostra fantasia, nutrita da memorie del catechismo infantile, continuamente richiamate e rinforzate da comici e vignettisti, ci trasporta subito sulla porta del Paradiso, davanti a San Pietro con il suo bel mazzo di chiavi. Scena simpatica, ma che non c’entra niente con le parole di Gesù. Il “tale” che gli fa la richiesta: «Signore, sono pochi quelli che si salvano?», da buon giudeo, si aspetta una risposta che assicuri la vita eterna a lui e a tutti quelli che osservano la Legge di Mosè. Quindi pochi. Tutti gli altri fuori. A Gesù, però, non interessa una porta che sta lassù per dopo, quando prima o poi ci si presenterà mostrando crediti e certificati di appartenenza, ma la porta che è una scelta di vita che si compie e si realizza quaggiù, nel vivere quotidiano.

La porta stretta è Gesù

La porta stretta è Gesù. Lo ha dichiarato egli stesso con fermezza: «Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvato; entrerà e uscirà e troverà pascolo» (Gv 10,7-9). Entrare attraverso di lui concretamente significa seguirlo nella strada del bene, della solidarietà, della gratuità, della giustizia, della pace, della non violenza, del perdono, della misericordia…, rinunciando a sé stessi, prendendo la propria croce ogni giorno, attenti a riconoscerlo e ad accoglierlo in ogni persona e in ogni situazione. Davvero molto stretta! Lo sappiamo bene. Ma è l’unico lasciapassare sicuro per entrare tra quelli che si salvano. Tutte le altre strade finiscono tra i molti che tentano di entrare, bussando accoratamente alla porta chiusa e gridando: “Signore, aprici!” Noi siamo quelli che “abbiamo mangiato e bevuto in tua presenza e tu hai insegnato nelle nostre piazze”, per sentirsi rispondere: «Non so di dove siete. Allontanatevi da me, voi tutti operatori di ingiustizia!».
Attenzione, però! È vero che essi hanno mangiato e bevuto in sua presenza e che hanno ascoltato i suoi insegnamenti. Questo ci dà da pensare: come mai vengono lasciati fuori? Sarà perché lo hanno sentito, ma non lo hanno seguito?

Non contare ma meditare

Sono pochi o tanti quelli che si salvano? Nessun conteggio o criterio è in grado di stabilirlo. Servirebbe soltanto a creare illusioni o arbitrarie esclusioni. Ciò che conta è guardarsi dentro per verificare se siamo tra quelli che lo conoscono senza seguirlo, ovvero tra i «non so di dove siete». I rischi del formalismo, del ritualismo, del fariseismo sono sempre in agguato. Cambiano le modalità e le forme esteriori, ma coloro che “mangiano e bevono in sua presenza e ascoltano i suoi insegnamenti senza seguirlo” non mancano mai. Papa Francesco ha fatto e detto di tutto per identificarli: cristiani da salotto, ipocriti, rigoristi a parole, liquidi, tristi… «Non si può capire un cristiano senza che sia testimone. Noi non siamo una “religione” di idee, di pura teologia, di cose belle, di comandamenti. No, noi siamo un popolo che segue Gesù Cristo e dà testimonianza». Qualche strascico di queste categorie ci può essere rimasto addosso, oppure può infiltrarsi, perciò è necessario vigilare. Senza arrendersi alle difficoltà, come raccomanda con parole penetranti l’autore della Lettera agli Ebrei: «Rinfrancate le mani inerti e le ginocchia fiacche e camminate diritti con i vostri piedi, perché il piede che zoppica non abbia a storpiarsi, ma piuttosto a guarire».

Senza graduatorie e punteggi

Signore, quanti sono quelli che si salvano? Gesù la risposta la darà, rassicurando gli apostoli: «Nella casa del Padre mio vi sono molte dimore» (Gv 14,12). In essa c’è posto per tutti coloro che decidono, anche all’ultimo respiro, come il ladrone pentito, che “egli è la porta”, e che si entra soltanto per mezzo di lui senza graduatorie e punteggi, perché «vi sono ultimi che saranno primi, e vi sono primi che saranno ultimi».


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