Niente pesci sulla "nostra" parola

V Domenica del Tempo Ordinario - Anno C - 2019

Conoscere l'insegnamento di Gesù non serve, se non prendiamo le nostre scelte basandoci sulla sua parola.

La scena è di quelle che non si può passare oltre, perché fa parte del nostro vissuto e della nostra esperienza, e chissà quante volte ne siamo stati protagonisti. Purtroppo, forse soltanto per una parte. Eccola! Due barche sono "accostate alla sponda". I pescatori, scesi a terra, sono intenti a lavare le reti. Sono stanchi e straniti: hanno faticato tutta la notte sul lago senza "prendere nulla". Gesù arriva con la folla che gli fa ressa attorno per ascoltarlo, sale su una delle barche, quella di Simone, e lo prega di scostarsi un po' da terra. Il pescatore lo asseconda. Lo conosceva? Ne aveva sentito parlare? Oppure era un uomo curioso, aperto a queste situazioni impreviste? Chissà? Fatto sta che sale in barca accanto al maestro e la scosta come richiesto. Il maestro si siede e si mette a "insegnare", con il pescatore accanto a lui ad ascoltare.

Cosa avrà insegnato il maestro quel giorno? L'evangelista Luca non ci riporta il virgolettato, ma possiamo soltanto immaginarlo: la parabola della pecorella smarrita? Il buon samaritano? Il fariseo e il pubblicano al tempio? Le beatitudini?... Sappiamo, invece, con certezza che quell'insegnamento ha colpito profondamente Simone. Come avrebbe potuto, altrimenti, un pescatore esperto, per giunta stanco e deluso dopo un'inutile notte di lavoro, obbedire a un maestro che gli dice: «Prendi il largo e gettate le vostre reti per la pesca», quando non è il tempo di gettarle? Lo avrebbe rudemente invitato a portare altrove le sue chiacchiere. Invece: «Sulla tua parola getterò le reti». L'unica spiegazione è aver scoperto in quell'insegnamento una verità più vera e sicura della sua esperienza di pescatore. Né tanto meno avrebbe lasciato tutto per seguirlo.

Sì, la scena è di quelle che non si può passare oltre, perché chissà quante volte ne siamo stati protagonisti, e continueremo a esserlo. Purtroppo, però, soltanto per una parte: quella della delusione per aver passato tutta la notte sul lago (la giornata, il lavoro, un impegno, un'amicizia, un proposito, un progetto...) senza prendere nulla. Anche nelle nostre notti "senza aver preso nulla" c'è l'insegnamento del Signore. Lo conosciamo fin dal catechismo molto più di quello che potette ascoltare Pietro quella mattina, ma qual è la nostra reazione?
Non è quella di Pietro: «Sulla tua parola getterò le reti», ma: "Signore, perché non mi hai aiutato a riempire le reti? Perché non mi hai ascoltato?".
Non è quella di Pietro che riconosce la sua debolezza: «Signore, allontànati da me, perché sono un peccatore» ma, più o meno consapevolmente, quella di dubitare della sua forza: "Ho pregato tanto e non è successo niente. Serve pregare?".
Non è quella di Pietro e dei suoi amici che «tirate le barche a terra, lasciarono tutto e lo seguirono», ma nuove richieste per convincerlo a seguirci, e a farci trovare le reti piene di pesci, anche se gettate dove e quando decidiamo noi.

Se vogliamo che le nostre reti siano piene di pesci, dobbiamo convertirci a gettarle sulla sua parola, riconoscendo che egli è il Signore e noi siamo piccoli e peccatori. Questa conversione è difficile, ma non c'è altra strada. È quella di Pietro: «Signore, allontànati da me, perché sono un peccatore». È quella di Isaia: «Ohimè! Io sono perduto, perché un uomo dalle labbra impure io sono e in mezzo a un popolo dalle labbra impure io abito; eppure i miei occhi hanno visto il re, il Signore degli eserciti». È quella di Paolo, che si mette in fondo alla fila: «Ultimo fra tutti apparve anche a me come a un aborto. Io infatti sono il più piccolo tra gli apostoli e non sono degno di essere chiamato apostolo perché ho perseguitato la Chiesa di Dio. Per grazia di Dio, però, sono quello che sono, e la sua grazia in me non è stata vana».

Le notti faticate senza prendere nulla sono sempre in agguato. Se non vogliamo trovare le reti vuote, e rendere vana la grazia di Dio e la forza di Gesù, prendiamo il largo dalla sponda della nostra autosufficienza, e gettiamole sulla "sua" parola.


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