Non followers ma discepoli

XXIII domenica del Tempo Ordinario - Anno C - 2022

Gesù non vende promesse, chiede decisioni pensate e ponderate.

Con la propaganda elettorale in corso, il Vangelo di questa domenica non può non sorprendere. Racconta l’evangelista: «una folla numerosa andava con Gesù. Egli si voltò e disse loro: Se uno viene a me e non mi ama più di quanto ami suo padre, la madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo. Colui che non porta la propria croce e non viene dietro a me, non può essere mio discepolo». Quale “predicatore moderno”, vedendo una grande folla, preso dall’entusiasmo, non avrebbe promesso mari e monti? Gesù no. Si volta ed espone condizioni per seguirlo da far scappare via di corsa. Il suo comportamento sarebbe certamente giudicato autolesionista e controproducente dai super esperti di comunicazione, intenti a individuare sofisticate strategie per sedurre gli elettori. Esattamente quelle che Gesù condannava: «Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che percorrete il mare e la terra per fare un solo proselito» (Mt 23,15).

I pensieri di Dio

«Quale, uomo può conoscere il volere di Dio? Chi può immaginare che cosa vuole il Signore?», dal momento che, «mille anni, ai tuoi occhi, sono come il giorno di ieri che è passato, come un turno di veglia nella notte», si domandava il sapiente della Bibbia. La risposta l’ha data data Gesù con la sua proposta: Chiunque di voi non rinuncia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo; ponendoli di fronte a decisioni che richiedono molta più consapevolezza di quella che serve per costruire una torre, o dichiarare una la guerra con le risorse sufficienti.

Questa parola è dura

«Questa parola è dura! Chi può ascoltarla?», dissero un giorno molti discepoli, prima di tornare in dietro e non andare più con lui (Gv 6, 60-66). Lo è anche per noi. Chissà quante volte glielo abbiamo detto, chiedendogli come metterle insieme con le altre: «Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena» (Gv 15,11). Come è possibile conciliare rinuncia e gioia? Lo è se, nella consapevolezza che egli non chiede di contrapporsi agli affetti familiari, né di rinunciare a tutto quello che consente una vita decorosa, si pone la fede in lui come fondamento e criterio di tutto, cioè ci si affida affida ai pensieri di Dio.

Ma come avere le risorse sufficienti per “costruire la nostra torre o dichiarare la nostra guerra”, cioè per realizzare quello che i brani evangelici di queste domeniche d’estate ci hanno ricordato: diventare prossimo di tutti, perdonare sempre, curare l’armonia tra l’azione e la riflessione, la generosità e la gratuità, l’equilibrato uso delle ricchezze, l’umiltà autentica? Bastasse una ritoccatina qua e là («un po’ di panna sulla torta», direbbe papa Francesco) si potrebbe anche riuscire, ma si tratta di confrontarsi con un mondo massicciamente contrario al suo messaggio. E chi ce la fa?
Quello che chiede Gesù ci preoccupa, e non potrebbe essere diversamente. I Dodici, ai quali Gesù, guardando i discepoli che se ne andavano, disse: «Volete andarvene anche voi?», trovarono soltanto una risposta, quella di Pietro: «Signore da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna» (Gv 6, 66-68). È l’unica risposta anche per noi.

Tutta fede e niente azione?

Affidarsi a lui non significare, però, lasciare tutto a lui. Deve esserci sempre la nostra parte, anche se piccola. Ci dà l’esempio incoraggiante San Paolo con il suo bigliettino a Filemone. Egli che predicava: «Non c'è Giudeo né Greco; non c'è schiavo né libero; non c'è maschio e femmina, perché tutti voi siete uno in Cristo Gesù» (Gal 3,28), cosa poteva fare di fronte alla schiavitù ritenuta normale e necessaria? Contestare il sistema o convertire l’imperatore? Una cosa era nelle sue possibilità: rimandare lo schiavo Onèsimo al padrone: «non più però come schiavo, ma molto più che schiavo, come fratello carissimo». Piccolo gesto, ma, affidato al Signore, potentissimo e infinitamente più del niente. Chissà quanti bigliettini a Filemone potremmo scrivere anche noi…


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