Non lasciamoci cadere le braccia!

III Domenica di Avvento - Gaudete - Anno C - 2018

La sicurezza che il Signore è vicino ci impegna a creare serenità e gioia proprio in mezzo alle difficoltà della vita e nella pesantezza della situazione sociale.

Questa domenica di metà Avvento si apre con l'invito di due personaggi autorevoli, il profeta Sofonia e l'apostolo Paolo, a rallegrarsi, a essere lieti. Il profeta lo rivolge a Israele e alla sua città simbolo, Gerusalemme: «Rallègrati, figlia di Sion, grida di gioia, Israele». L'apostolo ai cristiani di Filippi: «Fratelli, siate sempre lieti nel Signore, ve lo ripeto: siate lieti». Proclamati nella celebrazione eucaristica, questi inviti oggi sono per noi.
Ma, oggi, cosa c'è da stare allegri? La crisi economica non si risolve, la disoccupazione non scompare, la povertà aumenta, i disastri naturali si chiamano a raccolta, gli emigranti continuano ad arrivare, la ricerca di soldi facili non si ferma nemmeno davanti alla vita umana, i nostri ragazzi si lasciano incantare da personaggi vuoti e volgari... Qui c'è da piangere, non da rallegrarsi ed essere lieti.

Anche al tempo del profeta Sofonia le cose non dovevano andare in modo da stare allegri. Se esorta i suoi coetanei "a non lasciarsi cadere le braccia", vuol dire che anche intorno a lui abbondavano scoramento e lamento come ai nostri giorni. E la situazione non cambiava sicuramente a Filippi. Allora cosa fare di questi inviti alla gioia? Li consideriamo un pio un incitamento a consolarsi con le illusioni, e ci lasciamo cadere le braccia nel lamento? No. È parola di Dio e va presa sul serio, cercando le motivazioni di questa gioia non imprigionando gli occhi nelle situazioni scoraggianti, né confidando nelle nostre forze, ma alzando lo sguardo in alto, verso Dio che, se può far scaturire l'acqua dalla pietra, può far sgorgare la gioia dalla tristezza. A questo ci invita il profeta: «Non temere, Sion, non lasciarti cadere le braccia! Il Signore, tuo Dio, in mezzo a te è un salvatore potente». E questo ci conferma san Paolo: «La vostra amabilità sia nota a tutti. Il Signore è vicino!».
"Ah, allora va bene. Se ci pensa il Signore siamo a posto! Possiamo anche rallegrarci e essere lieti".
Non è così. Il Signore si rende presente attraverso il nostro impegno e la nostra collaborazione. Precisa san Paolo: «In ogni circostanza fate presenti a Dio le vostre richieste con preghiere, suppliche e ringraziamenti».

Per scendere nel concreto andiamo a chiedere risposte a Giovanni il Battista.
Andiamoci con le folle, perché anche noi siamo folla. Ci dice: «Chi ha due tuniche, ne dia a chi non ne ha, e chi ha da mangiare, faccia altrettanto». Tradotto: fate della condivisione la vostra regola di vita.
Andiamoci con i pubblicani, perché anche noi siamo raccoglitori di tasse: i genitori dai figli, figli dai genitori, i mariti dalle mogli, le mogli dai mariti, gli insegnanti dagli alunni, gli alunni dagli insegnanti, i capi dai dipendenti e dai sottoposti, i sottoposti dai... La risposta: «Non esigete nulla di più di quanto vi è stato fissato». Tradotto: non pensate soltanto alle vostre esigenze, ma anche a quelle degli altri.
Andiamoci con i soldati, perché anche noi possiamo trovarci in situazioni di forza nei confronti dei più deboli. La risposta: «Non maltrattate e non estorcete niente a nessuno; accontentatevi delle vostre paghe». Tradotto: non dimenticare mai che i diritti hanno sempre una controparte di doveri.

Se facciamo fatica a identificarci con le folle, i pubblicani, i soldati, e le risposte del Battista ci sembrano un po' troppo rudi, ricorriamo a san Paolo. Subito dopo le parole che la liturgia ci fa ascoltare (con un taglio maldestro e difficile per comprendere appieno il testo) ci delinea quale deve essere il comportamento dei cristiani. Essi invece di farsi cadere le braccia e di rifugiarsi nel lamento, si rimboccano le maniche, mettendo a oggetto dei propri pensieri «quello che è vero, quello che è nobile, quello che è giusto, quello che è puro, quello che è amabile, quello che è onorato, ciò che è virtù e ciò che merita lode» (Fil 4,8).
È così che la gioia di Dio può diventare nostra.

Allora rallegriamoci e siamo lieti, perché il Signore è vicino. Non soltanto perché è vicina la festa del Natale, ma perché venuto tra noi, rimane con noi e ci chiede di andargli dietro per essere sempre con lui.


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