Non più schiavi ma figli

Maria Santissima Madre di Dio - Anno B - 2015

In questo primo giorno del nuovo anno, che la riforma liturgica, scaturita dal Concilio Vaticano II, ha voluto si aprisse sotto lo sguardo di Maria, madre di Dio e madre nostra, e che Paolo VI nel 1967 ha voluto dedicare alla pace, san Paolo ci annuncia che il Figlio di Dio, "nato da donna" ha fatto sì che non fossimo più "più schiavi, ma figli".

Con la sua discesa tra noi, Gesù ci ha riportato al progetto originale del Creatore, che il peccato aveva stravolto, trasformando i fratelli (Caino e Abele) in nemici, sotto la spinta della gelosia, dell'invidia, della volontà di prevalere gli uni sugli altri. Con lo Spirito di Gesù risorto, tutti possiamo di nuovo rivolgerci al Creatore, chiamandolo "Padre".

Questa "figliolanza", però, è un'opportunità che Gesù ci ha messo in mano e ci mette in mano, non come un regalo confezionato, da scartare e usare, ma come un dono da fare diventare operativo con il nostro impegno e il nostro contributo, perché il peccato sconfitto nel Figlio, non rinuncia a insidiare la pace tra i fratelli.
Ecco perché papa Francesco, che ha intitolato il suo messaggio per la Giornata Mondiale della Pace: "Non più schiavi ma fratelli", prende spunto dalla lettera di san Paolo a Filemone. In essa, l'apostolo esorta il suo amico a riprendere lo schiavo Onesimo, fuggito da lui e perciò passibile di pesanti punizioni, non più come schiavo, ma come fratello. Un padrone e uno schiavo! E' la situazione più drammatica ed evidente del non essere fratelli, perciò il simbolo di tutte le altre, che il papa elenca, e che esorta a sanare e superare con l'impegno per la pace.
Dio, come ci ricorda la benedizione consegnata a Mosè, desidera che lo pensiamo con il volto "che risplende", con il sorriso. Ma come può sorridere ai suoi figli se non si riconoscono fratelli? E come può Maria, "la Madre", abbracciare i suoi figli se alcuni sono padroni e altri schiavi?

Nel corso di questo anno, papa Francesco ha denunciato più volte dove porta il non riconoscersi fratelli: "Siamo di fronte a un nuovo conflitto globale, ma a pezzetti". Serve, perciò, un grande impegno per la pace. Un impegno di tutti e per tutti. Anche di noi che pensiamo di non avere alcun potere per incidere sui grandi conflitti sociali e mondiali. Non è così! La pace è come gli alberi: cresce se le radici trovano in basso il terreno buono.

E' un impegno di tutti e per tutti, in modo particolare, però, per coloro che si riconoscono figli nel Figlio, operatori di pace nel principe della pace. Negli ultimi giorni dell'anno passato, ha suscitato molto scalpore il discorso con il quale di papa Francesco ha denunciato le quindici malattie della Curia romana, ma presenti anche tra tutti i cristiani, come l'Alzheimer spirituale e l'indifferenza verso gli altri.

"Come sarà il nuovo anno? Cosa ci porterà?", ci domandiamo in questo primo giorno del nuovo anno. Sarà un anno bello, se sarà di pace. E sarà di pace se ci riconosceremo figli e fratelli. Ma un anno così è possibile con tutto il macello che c'è in giro? Sì, se togliamo via la "faccia funerea" – una delle malattie elencate dal papa: "quella delle persone burbere e arcigne, le quali ritengono che per essere seri occorra dipingere il volto di malinconia, di severità e trattare gli altri, soprattutto quelli ritenuti inferiori, con rigidità, durezza e arroganza" – e, come i pastori glorifichiamo e lodiamo Dio, per aver visto "adagiato nella mangiatoia il bambino", che ci ha dato la possibilità di essere figlie e fratelli, e di trasformare questa gioia in impegno per la pace.


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