Non sudditi ma amici

XXXIV domenica del T.O. - N.S. Gesù Cristo Re dell'universo - Anno C - Solennità

Fare emergere la grandezza del progetto nel quale siamo stati creati.

La Solennità di Cristo Re, prima di ricominciare con l’Avvento, la meditazione e l’esperienza sull’attesa della venuta del Signore e della sua nascita a Betlemme, ci invita a verificare il nostro percorso di fede nell’anno liturgico che si chiude. Lo fa con una scena straordinaria, unica, umanamente impensabile: inchiodato sulla croce c’è un uomo morente, martoriato e umiliato. Sopra la sua testa, in ebraico, in latino e in greco, in modo che tutti capiscano, campeggia una scritta: «Gesù il Nazareno, il re dei Giudei».

«Re dei giudei». Così aveva deciso Pilato nonostante le rimostranze dei giudei, che avrebbero voluto un testo molto diverso: «Non scrivere: “Il re dei Giudei”, ma: “costui ha detto: Io sono il re dei Giudei”», cioè l’ha detto lui di esserlo, da malfattore, da sobillatore, da fanatico, da nemico di Cesare, ma non lo è. Ma Pilato, profeta a sua insaputa, non cedette: «Quel che ho scritto, ho scritto». È re. Questa dichiarazione sopra un uomo sconfitto e crocifisso provoca sentimenti, reazioni, decisioni diversi e contrastanti.
Il popolo: sta a vedere. Non sceglie, non decide, alla fine cosa gliene importa? I capi del popolo: lo irridono e lo sfidano: «Ha salvato altri! Salvi se stesso, se è lui il Cristo di Dio, l’eletto», riconoscendo così, che aveva realmente operato prodigi. I soldati lo insultano con sfottò più sguaiati e irridenti: sudditi di Cesare sapevano benissimo che i re, sulla croce, ci mettono quelli che osano soltanto suscitare il dubbio che si voglia sfidare il loro potere. Il malfattore pentito: riconosce la sua regalità: «Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno». Anche noi siamo chiamati a verificare i nostri sentimenti, le nostre riflessioni, le nostre decisioni. Siamo popolo che sta a vedere senza decidere? Siamo capi che non amano coloro che pretendono di cambiare il loro mondo? Siamo soldati che conoscono bene ciò che conta per Cesare e come bisogna servirlo? Siamo il malfattore che crede nel re e nel suo regno?

Non solo re, ma “il Re”

Per noi la scelta potrebbe sembrare più facile, sapendo ormai come è andata a finire: sì quel crocifisso è re, e molto di più: è il Re, l’unico, per sempre. Per accettare la sua regalità e il suo regno, però, non basta eseguire i suoi ordini, cercando di essere bravi cristiani. Paolo del Cristo Re e della sua regalità svela una verità misteriosa, profonda, quasi da vertigine: questo Re sconfitto, irriso, umiliato «È immagine del Dio invisibile, primogenito di tutta la creazione, perché in lui furono create tutte le cose nei cieli e sulla terra… per mezzo di lui e in vista di lui. Egli è prima di tutte le cose e tutte in lui sussistono, perché in lui furono create». Con le nostre inadeguate e impotenti parole possiamo semplificare, dicendo che tutto è stato creato dal Padre per essere casa adeguata a ospitare il Figlio del suo amore. Perciò la verità e il senso di quello che le parole dicono sta nella sua immagine impressa nel nostro DNA.

Non sudditi ma amici

Come si fa a capire che il nostro Re non ci vuole sudditi, ma a identificarci con lui, a diventare lui? Sembra un’illusione come quella dei figli di Titano che tentarono di conquistare la casa degli dei, beffardamente ricacciati da Zeus. Non è così! È lo stesso Apostolo a testimoniarlo: «Non vivo più io, ma Cristo vive in me» (Gal 2,20). Nella sua scia, grandi mistici e straordinarie mistiche hanno realizzare questo disegno. Essi sono di stimolo e di incoraggiamento per noi “piccoli di statura” a cercare di vedere Gesù meno sfuocato, più vivo, più amico, più pronti ad accoglierlo per realizzare il progetto del Creatore. Il nuovo Avvento, pur nella difficoltà di dare rilievo a questo tempo spirituale, dominati come siamo dal calendario e dall’orologio, sarà un’opportunità per approfondire il rapporto di amicizia con il nostro Re, non solo nelle pie pratiche, ma proprio nelle cose da fare, nelle preoccupazioni da placare, nelle ansie da superare, in modo da potenziare e testimoniare meglio il “prototipo” secondo il quale siamo stati creati.


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