O ponti o muri

XXVI Domenica del Tempo Ordinario - Anno B - 2018

Soltanto Dio è verità e conosce la verità. Questo ci impegna ad ascoltare, a dialogare, a rispettare tutti, perché in tutti c'è un piccolo pezzo della verità di Dio.

«Chi scandalizzerà uno solo di questi piccoli che credono in me, è molto meglio per lui che gli venga messa al collo una macina da mulino e sia gettato nel mare. Se la tua mano ti è motivo di scandalo, tagliala... E se il tuo piede ti è motivo di scandalo, taglialo... E se il tuo occhio ti è motivo di scandalo, gettalo via...».
Ogni volta che sentiamo proclamare questo brano, è inutile negarlo, un brivido corre per la schiena, e quasi vorremmo passare oltre. Ma è vangelo e quindi deve essere buona notizia. Cerchiamo di capirla.
Lo scandalo è un inciampo, un impedimento. I piccoli non sono i bambini (possono esserlo anche essi) ma coloro che sono deboli e indifesi, perciò esposti alla prepotenza e al sopruso. Quale può essere la prepotenza così grave da meritare di essere gettato in mare con una macina al collo per finire dritti all'inferno? È metterli nella condizione di credere di essere al di fuori dell'amore di Dio. Questo accade quando non li si tratta da figli di Dio sfruttandoli, ingannandoli, umiliandoli... È quello che fanno i ricchi ingrassati sulla pelle dei lavoratori, contro i quali inveisce terribilmente l'apostolo Giacomo. Ma è anche quello che fanno tutti coloro che ritengono altre persone non meritevoli di avere un bicchiere d'acqua.

Come si può arrivare a questo comportamento? In tanti modi concreti che scaturiscono tutti, però, dalla convinzione di potersi mettere al posto di Dio, arrogandosi l'esclusiva della verità e ritenendo di poter decidere al suo posto.
È questo che proclamano la prima lettura e il vangelo, non con complicati ragionamenti ma nello stile biblico, con il racconto e i personaggi. Nel primo, troviamo Mosè e Giosuè. Siamo nel deserto. Nell'accampamento, due uomini, senza essere stati inseriti nel gruppo dei settanta, resi partecipi dello spirito di Mosè, si mettono a profetizzare. Non sappiamo bene cosa facessero concretamente, però esercitavano un dono che a loro non era stato "ufficialmente" concesso. Arrivata l'informazione, Giosuè reagisce "da muro": «Mosè, mio signore, impediscili!». "Come si permettono se non sono dei nostri?". Mosè "da ponte": «Sei tu geloso per me? Fossero tutti profeti nel popolo del Signore e volesse il Signore porre su di loro il suo spirito!».

Nel brano evangelico, Giovanni, uno dei figli di Zebedeo, dice a Gesù: «Maestro, abbiamo visto uno che scacciava demòni nel tuo nome e volevamo impedirglielo, perché non ci seguiva». Questo compito Gesù l'aveva affidato ai Dodici, non a quel tizio. Ecco "il muro".
Gesù, invece: «Non glielo impedite, perché non c'è nessuno che faccia un miracolo nel mio nome e subito possa parlare male di me: chi non è contro di noi è per noi». Il "ponte".

Può capitare anche a noi di metterci al posto di Dio? Anche se ci guardiamo bene dal dichiararlo, lo facciamo quando riteniamo di avere sempre ragione, di essere possessori della verità, e perciò non ascoltiamo, non dialoghiamo, non riconosciamo le ragioni degli altri. Siamo così quando alziamo i muri, invece dei ponti, come ama dire e ripetere papa Francesco.

«Ma i nostri non possono essere che "scandaletti" di poco conto, non da macina al collo!» Ne siamo sicuri? Osserviamo cosa succede in tutti i settori della vita: la famiglia, il condominio, gli amici, la politica, le comunità religiose, i gruppi, quando qualcuno si ritiene "padreterno" e agisce di conseguenza...

Attenzione! Questo qualcuno potremmo essere noi e, se ogni tanto proviamo questa tentazione, ci farà bene pensare alla macina da mulino.


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