Pane in abbondanza o carrube da fame

IV Domenica di Quaresima - Anno C - 2022

Il “rientrare in se stessi” e il “tornare dal padre” come stile di vita.

«Quando ebbe speso tutto [il figlio sprecone] andò a mettersi al servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò a pascolare i porci. Avrebbe voluto saziarsi con le carrube di cui si nutrivano i porci; ma nessuno gli dava nulla».
Quante volte siamo stati invitati a prendere la vicenda di questo giovane sprecone a specchio e confronto per il nostro esame di coscienza? Quante volte ce ne siamo serviti per trovare la forza di ritornare alla casa del Padre, oppure per respingere insoddisfazioni o tentazioni di fuga? Dobbiamo continuare a farlo, sia come singoli che come Chiesa, perché niente è più esemplare, stimolante e convincente di questa parabola per nutrire la necessità di convertirsi ogni giorno.

Facciamolo, perciò, anche oggi, partendo dalla perentoria richiesta del figlio: «Padre, dammi la parte di patrimonio che mi spetta», che il padre stranamente esegue, così che «il figlio più giovane, raccolte tutte le sue cose, partì». Come mai il padre si è comportato così? Succube? Debole? Complice? Non era giusto dirgli: “Prima guadagnatelo il patrimonio”, oppure: “Quella è la porta, se vuoi andare, vai”? La risposta la conosciamo: il padre della parabola è Dio, non è un genitore poco accorto, o “amico” come tanti papà di oggi. Sì, questa è la risposta giusta, ma, se questo padre è Dio, come può il figlio esigere “le sue cose”? Esistono “cose nostre” che noi creature possiamo pretendere dal creatore? Sì, perché egli per libera scelta si è negato la possibilità di toglierci ciò che ci ha donato.

La razionalità, la libertà, la dignità

Le “nostre cose” che Dio non ci può negare, avendoci creati a sua immagine e somiglianza, sono la razionalità: la capacità di vedere la realtà nel profondo, coordinando le azioni e le loro conseguenze; la libertà: l’esigenza di obbedire soltanto a se stessi e di rendere conto soltanto alla propria coscienza; la dignità: essere importanti più di qualsiasi altra realtà. Queste “nostre cose”, dono di Dio, possiamo apprezzarle e adoperarle secondo i suoi progetti, oppure raccoglierle e partire lontano da lui, e sperperare il patrimonio vivendo in modo dissoluto. Quando è così, ammonisce questa straordinaria parabola, si finisce a “pascolare i porci”, cioè nelle peggiori situazioni che si possono immaginare (come pascolare i porci per gli ascoltatori di Gesù), dalle quali non c’è altra via di uscita se non quella del malridotto giovane: «Allora ritornò in sé e disse: “Quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! Mi alzerò, andrò da mio padre”».
Ma è davvero così tragico sperperare le “nostre cose” vivendo lontano da Dio? Il dubbio ha sempre serpeggiato nei pensieri delle creature, guai perciò sottovalutarlo, oppure acquietarlo con ragionamenti devoti, invece di verificarlo con l’osservazione della realtà. E allora guardiamola questa realtà che con la guerra della Russia contro l’Ucraina – e le altre attive in tutto il mondo – urla uno sperpero pauroso di razionalità, di libertà e di dignità della persona umana, che conduce a situazioni infinitamente peggiori del pascolare i porci.

Stile di vita e ritmo quotidiano

Dice: “Cosa c’entrano la parabola e la guerra con la nostra vita? Mica noi andiamo in giro con il kalashnikov e i carri armati?”. La deriva verso le carrube si realizza anche nelle nostre guerre quotidiane nei pensieri, nelle parole, nelle famiglie, nei palazzi, nei luoghi di lavoro, sulle strade… Per non “sperperare” le “nostre cose” e finire a carrube è necessario fare del “ritornare in noi stessi” il nostro stile di vita, e dell’“alzarsi e tornare dal Padre” il ritmo di ogni giornata.

Il rientro

Cosa fa Dio quando torniamo da lui dopo avere sperperato in maniera più o meno pesante le “nostre cose”? Ci vede da lontano, ci corre incontro, si getta sul nostro collo e ci abbraccia, ci bacia, ci dà il vestito più bello, l’anello e i sandali (i segni della reintegrazione nella famiglia), ammazza il vitello grasso, fa festa ed esce a supplicare il figlio maggiore per fargli capire che è figlio, non un servo. Un Dio così soltanto il Figlio poteva rivelarlo e testimoniarlo. Fidiamoci!


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