Pensati e chiamati ad essere carità

IV Domenica del Tempo Ordinario - Anno C - 2016

La liturgia di questa domenica ci presenta tre personaggi: il profeta Geremia, l'apostolo Paolo e Gesù, il Maestro, consacrati per la missione di annunciare a tutti l'amore di Dio, nella concretezza quotidiana della carità, pur nell'incomprensione dei destinatari.

"Prima di formarti nel grembo materno, ti ho conosciuto, prima che tu uscissi alla luce, ti ho consacrato". Geremia trova in queste parole di Dio il coraggio di accettare la faticosa e sofferta missione di profeta scomodo.

Oggi la liturgia ci ricorda che queste parole di Dio sono prima di tutto e soprattutto per Gesù, che cerca di spiegare ai suoi compaesani di non essere stato pensato e inviato per le esigenze della sua "patria", ma per una missione universale, perché i profeti di Dio, come dimostrato da Elia ed Eliseo, sono mandati per tutti, soprattutto per i non privilegiati. Figuriamoci se Gesù, "il profeta", poteva fermarsi ed essere fermato a Nazaret.

Dalle vette a noi per domandarci: "Le parole di Dio a Geremia, figura di Gesù, sono vere anche per noi?". Se non lo fossero anche per noi, noi saremmo figli del caso, in cammino nel nonsenso, e avviati verso il niente. Per nostra fortuna non è così, perché tutti siamo conosciuti da Dio fin al seno materno, e tutti siamo "consacrati" per una missione; e tutti possiamo e dobbiamo pregare con le parole del salmista: "Sei tu che hai formato i miei reni e mi hai tessuto nel grembo di mia madre. Io ti rendo grazie: hai fatto di me una meraviglia stupenda; meravigliose sono le tue opere, le riconosce pienamente l'anima mia" (Salmo 139, 13-14).

Riconoscendoci, però, così piccoli di fronte ai grandi profeti – figuriamoci nei confronti di Gesù! – non possiamo non chiederci: "Per quale missione noi, così meschini, siamo stati pensati e consacrati?". "Consacrati" in Gesù, noi pur così piccoli, siamo stati pensati e inviati per partecipare alla sua grande missione, cercando umilmente di vivere come lui è vissuto.


Vivere come lui è vissuto...

Ma questo, al di fuori della retorica, è davvero un traguardo alla nostra portata? San Paolo ci risponde di sì e ci indica la via affinché questo impegno sia alla portata di tutti: la carità.

Non siamo capaci di parlare tutte "le lingue degli uomini e degli angeli"? Fa niente. Purché abbiamo la carità. Non abbiamo "una fede da trasportare le montagne"? Fa niente. Purché abbiamo la carità. Non ce la sentiamo di "dare in cibo tutti i nostri beni"? Fa niente. Purché abbiamo la carità che è: magnanima, benevola; non invidiosa, non si vanta, non si gonfia d'orgoglio, non manca di rispetto, non cerca il proprio interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell'ingiustizia, ma si rallegra della verità. Tutto scusa, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta".

E cosa significa avere questa carità? Non significa fare la carità ogni tanto, e anche spesso, e perfino sempre, ma essere carità, perché questa virtù, come tutte le altre, non esiste in astratto. Diventa reale soltanto in persone magnanime, benevole, non invidiose, umili, modeste, rispettose, altruiste, tranquille, misericordiose, giuste, vere, forti per contrastare la meschinità, la rissosità, l'invidia, il carrierismo, la presunzione, il tornaconto, la violenza, la durezza di cuore, la corruzione, la falsità.

Questo è il pensiero di Dio su di noi fin dal seno materno. Questa è la missione profetica alla quale, in Gesù, siamo stati chiamati: essere "persone carità", nelle quali tutte le caratteristiche indicate dall'apostolo sono presenti. Non si è carità, se la si fa per vantarsi. Non si è carità, se la si fa mancando di rispetto, non si è carità se,...

Sappiamo che questa missione non ci assicura una vita facile. Vedi Geremia, vedi tutti i profeti, vedi Gesù. Ma ci garantisce la vita vera e piena, perché tutto il resto sparirà, ma "la carità non avrà mai fine". Allora, vedendo Dio faccia a faccia, leggeremo sul suo volto il pensiero d'amore che fin dal seno materno ci ha conosciuto, chiamato, accompagnato, e riportato a lui.


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