Per noi è veramente figlio di Dio?

Domenica delle Palme: Passione del Signore - Anno B - 2021

Il racconto della Passione del Signore è la verifica della nostra fede.

La Passione di Gesù secondo Marco è il racconto con il quale il messaggio di Gesù ha cominciato a essere predicato prima che fossero scritti i quattro vangeli, dei quali quello di Marco è il più antico. Ciò che ascoltiamo è quello che la gente sentiva raccontare di Gesù dalla predicazione di Pietro, del quale Marco era discepolo tanto fedele da essere chiamato dall'apostolo: «Marco, figlio mio» (1Pt 5,13). Il suo è un racconto breve, con pochi discorsi e molti fatti che coinvolgono il protagonista Gesù, attorno al quale si agitano forze contrapposte o per accoglierlo o per respingerlo. Il brano che la liturgia delle Palme ci proclama inizia con «i capi dei sacerdoti e gli scribi» che «cercavano il modo di catturare Gesù con un inganno per farlo morire», ma stando attenti a non provocare una «rivolta del popolo» che l'aveva osannato nel suo arrivo a Gerusalemme. Segue una cena in casa di amici, dove una donna «giunge con un vaso di alabastro pieno di profumo di puro nardo, di grande valore», lo rompe e ne versa «il profumo sul suo capo». Un gesto di autentica "adorazione", che però suscita l'indignazione di alcuni dei presenti: «Perché questo spreco di profumo? Si poteva venderlo per più di trecento denari e darli ai poveri!».

Il contrasto tra le ombre e la luce va avanti fino alla soluzione finale con una serie di abbandoni che sembra dare per scontata la vittoria delle tenebre. Giuda, aperte le trattative con i capi dei sacerdoti per tradire Gesù, cerca il momento opportuno per consegnarlo. Gli apostoli nell'Orto degli Ulivi, dopo l'Ultima Cena, vissuta tra lo sconcerto per l'annunciato tradimento di uno di loro e le solenni promesse di fedeltà per bocca di Pietro: «Anche se dovessi morire con te, io non ti rinnegherò», nonostante l'esplicita richiesta di Gesù: «La mia anima è triste fino alla morte. Restate qui e vegliate», si addormentano, e dopo il bacio di Giuda e l'istintiva reazione di Pietro, scappano tutti. Il Sinedrio mette in atto un processo truccato per condannarlo come bestemmiatore e per consegnarlo al governatore romano. Intanto, dentro il palazzo del sommo sacerdote, Pietro, che, recuperato un po' di coraggio l'aveva seguito fin lì, si lascia spaventare da «una delle giovani serve del sommo sacerdote» fino a rinnegarlo. Davanti a Pilato, la folla che l'aveva accolto osannante all'ingresso di Gerusalemme, gli preferisce un assassino. E il governatore, espressione del potere che governava il mondo, vigliaccamente cede alle pressioni dei capi dei sacerdoti. E alla fine l'abbandono più misterioso e straziante, quello del Padre: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?».

Ma...

Quando sembra che le tenebre abbiamo stravinto, c'è un lampo di luce improvviso e imprevedibile; il centurione proclama: «Davvero quest'uomo era Figlio di Dio!». Un pagano davanti all'uomo spogliato di ogni risorsa umana, trova la risposta all'interrogativo che percorre tutto il vangelo di Marco fin dall'inizio della predicazione di Gesù a Cafarnao: «Chi è dunque costui, che anche il vento e il mare gli obbediscono?» (Mc 4,41).

Cosa aggiungere al racconto della Passione? Niente. Ogni parola sarebbe superflua e fastidiosa. Ciò che conta è che la risposta profetica del centurione, fondamento della nostra fede, ricarichi la nostra volontà di seguirlo, anche quando le sue strade non portano consensi, ma abbandoni, e rafforzi la nostra capacità di pregare con lui: «Padre, non ciò che voglio io, ma ciò che vuoi tu».


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