Perché il lamento si trasformi in danza

X Domenica del Tempo Ordinario - Anno C - 2016

In questa domenica del Tempo Ordinario, come risposta alla parola di Dio, la liturgia ci invita a lodare il Signore, come colui che solleva dall'angoscia, e riporta sulla via della speranza e della gioia: "Hai mutato il mio lamento in danza, Signore, mio Dio, ti renderò grazie per sempre" (Salmo 29).

Questo canto di ringraziamento è motivato dalla proclamazione della vicenda di due vedove – simbolo delle persone più povere, umiliate e diseredate -, nella quale "alla sera ospite è il pianto e al mattino la gioia". La vedova di Sarepta, che conosciamo per la focaccia offerta al profeta, è talmente angosciata per la morte del figlio da prendersela con il profeta Elia: "Che cosa c'è fra me e te, o uomo di Dio? Sei venuto da me per rinnovare il ricordo della mia colpa e per far morire mio figlio?". Dio la consola grazie all'intercessione del profeta, che con toni accorati invoca: "Signore, mio Dio, la vita di questo bambino torni nel suo corpo". E il bambino ritorna alla vita.

La vedova di Nain è nell'identica situazione di estremo dolore: la morte dell'unico figlio. A lei la consolazione arriva direttamente da Gesù che, preso da grande compassione, tocca la bara e: "Ragazzo, dico a te, àlzati!". E "il morto si mise seduto e cominciò a parlare. Ed egli lo restituì a sua madre". Ascoltando questi brani, viene spontaneo unirsi al salmista: "Cantate inni al Signore, o suoi fedeli, della sua santità celebrate il ricordo, perché la sua collera dura un istante, la sua bontà per tutta la vita". Ma è così quando ci troviamo di fronte ai fatti reali della nostra vita di ogni giorno, con la nostra esperienza di accorate preghiere rimaste inascoltate, e di pianto non trasformato in gioia?

Lasciamo la risposta "nel vento" (come cantava Bob Dylan), in modo che ciascuno la cerchi dentro di sé, dopo aver meditato con più attenzione gli avvenimenti di Sarepta e Nain. In essi, traspirano sentimenti profondi di interesse e partecipazione per chi è nel dolore. Elia, riconoscente verso la donna per avere saziato la sua fame e per l'ospitalità che gli sta offrendo, lo fa presente al Signore: "Signore, mio Dio, vuoi fare del male anche a questa vedova che mi ospita, tanto da farle morire il figlio?".

A Nain, "molta gente della città" partecipa al dolore della vedova, accompagnando il corteo. E soprattutto c'è Gesù. Nessuno gli chiede niente. A farlo intervenire è la "grande compassione" che lo prende nel vedere una madre in una situazione così penosa e grave. E' nella presenza di questo profondo interesse verso le lacrime altrui, che il Signore della vita interviene. Ma se questo interesse per il dolore degli altri non c'è...

In questi giorni, forse più grande dell'angoscia per la tragica vicenda della ragazza romana, bruciata dal suo compagno, è stato lo sconcerto verso i passanti che accortisi di quello che stava accadendo sono "passati oltre". La magistrata della Procura di Roma incaricata delle indagini, ha dichiarato con tristezza: "Sara ha chiesto aiuto, ma nessuno si è fermato".

Per qualche giorno, come tante altre volte di fronte ad avvenimenti simili, tutti ci siamo domandati: "Com'è possibile questa indifferenza?", magari aggiungendo: "Perché Dio permette queste cose?". Ma poi, dopo una fiaccolata e un mucchio di fiori e bigliettini nel luogo del fattaccio, l'interrogativo si assopisce per risvegliarsi alla prossima tragica notizia.

Il fatti di Sarepta e Nain, come tutti quelli della Bibbia, non sono episodi da conoscere, ma un messaggio: Dio ci consola, se noi consoliamo gli altri. Ciò che apre il nostro cuore, apre quello di Dio. Questo vale anche per i piccoli lutti e le piccole lacrime della vita quotidiana. Non riserviamo, perciò, l'apertura del nostro cuore alla commozione fugace per i grandi fatti di cronaca nera. Coltiviamola per la vita di ogni giorno.


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