La fede roccia e viaggio, chiamata e missione.
Pietro è l’uomo delle improvvise debolezze e della incrollabile generosità; delle cadute inaspettate e della fede certa; dei dolorosi rinnegamenti e della capacità di piangerli amaramente.
È l’uomo che sa di non poter contare né sulla carne né sul sangue, ma soltanto sul Padre che è nei cieli. È l’uomo a cui basta un “se sei tu” per gettarsi a camminare sull’acqua, ma che non si vergogna di chiedere aiuto appena si accorge di stare per affondare. L’uomo che non è più certo della sua capacità di amare, ma confida nel Signore che sa tutto e vede oltre le debolezze umane. È l’uomo povero ma ricco, debole ma forte, peccatore ma sempre pronto a convertirsi.
È l’uomo che Gesù ha messo come “roccia” della sua Chiesa, a difesa della “mano di Erode”, comunque e dovunque essa si manifesti.
Paolo. È l’uomo coraggioso, libero e liberante, sempre desideroso di andare oltre i confini raggiunti, attento a non permettere che il messaggio di Gesù venga contaminato o imbrigliato da meschinità e vischiosità umane. È il combattente che non ha paura di rimanere solo nemmeno nei momenti più difficili. Che anche di fronte alla morte è consapevole di non stare ammainando tristemente le vele per rientrare in porto, ma sciogliendole al vento gioioso che lo porta all’incontro definitivo e pieno con il suo Signore.
Sono la Chiesa con le sue debolezze umane, le sue cadute e incoerenze, ma con la sua capacità di chiedere perdono e di ricominciare.
La Chiesa con i suoi slanci generosi e i suoi tonfi nelle abitudini e nelle consuetudini.
Con le sue decisioni di saltare dalla barca per camminare sulle acque, e le sue improvvise paure di affondare senza sicurezze umane.
Con la consapevolezza di essere mandata come agnello in mezzo ai lupi, e la tentazione di affrontare i lupi con la loro stessa forza e il loro stesso potere.
Con la coscienza che l’annuncio del Vangelo è il suo compito fondamentale, e con la pigrizia di chiudersi dentro i suoi confini, i suoi riti e le sue tradizioni.
Con la coscienza di essere mandata a servire, e la tentazione di farsi servire.
Con la certezza che il suo Signore l’ha inviata e la invia ad andare per annunciare il Vangelo a tutte le creature, e la tentazione di sedersi ad aspettare che vengano di loro iniziativa.
Un tempo questa festa si riduceva all’esaltazione del Papa “sovrano” intento impavidamente a difendere le mura della Chiesa contro l’assalto dei nemici. Quel tempo, oggi è lontanissimo. I profondissimi e velocissimi cambiamenti della società nazionale e mondiale, il Concilio Ecumenico Vaticano II, i papi che lo Spirito Santo ci ha donato nella seconda metà del ventesimo secolo hanno riportato il Papa nella sua dimensione religiosa, di uomo scelto dal Signore non per i suoi meriti ma per la sua capacità di amare; non per difendere le mura della Chiesa, ma per riaprirle e ripartire per annunciare il Vangelo a tutte le creature. Le prime uscite di Giovanni XXIII dal Vaticano, i viaggi di Paolo VI, il “viaggio continuo” di Giovanni Paolo II, il “terremoto” di papa Francesco hanno fatto in modo che Pietro tornasse a essere anche Paolo, e la Chiesa riconquistasse la sua funzione e la sua immagine di roccia e di strada.