Preferire il Paradiso

XXVI Domenica del Tempo Ordinario - Anno C - 2019

Per credere al Vangelo basta la ragione, per viverlo ci vuole la fede.

Osserviamo bene la scena. Due i personaggi. Un uomo ricco, dedito alla bella vita, abiti extra lusso e lauti banchetti. Non ci viene detto da dove gli sia arrivata tanta ricchezza, se con mezzi leciti o no. Significa che non è importante saperlo. E non ci viene rivelato nemmeno il nome. Un uomo povero, di nome Lazzaro, affamato e malato, davanti alla sua porta, che spera di ricevere qualche avanzo di cibo. Tra i due non c'è nessun rapporto: il povero sta davanti alla porta della sua casa. Il ricco non se ne cura: né commiserazione, né fastidio.

Con la morte dei due, tutto cambia e si rovescia. Il ricco elegante e ben pasciuto è tra i tormenti degli inferi; il povero Lazzaro è felice accanto ad Abramo. Adesso, finalmente, il ricco si accorge di Lazzaro, dimostrando di conoscerne anche il nome. Allora chiede di ricevere attraverso il poveraccio poche gocce d'acqua per bagnare la lingua che gli brucia, cioè un minimo di attenzione, quella che egli non ha avuto per lui quando stava davanti alla sua porta.

"Oh, finalmente giustizia è fatta", ci viene da esclamare. Si è realizzato quello che il profeta Amos annuncia con parole potenti: «Guai agli spensierati di Sion..., distesi su letti d'avorio e sdraiati sui loro divani, che mangiano gli agnelli del gregge e i vitelli cresciuti; che canterellano al suono dell'arpa..., bevono il vino in larghe coppe, e si ungono con gli unguenti più raffinati. È cessata l'orgia dei dissoluti».
Ben gli sta: finalmente giustizia è fatta.

Però, in realtà, non siamo completamente soddisfatti, perché sì, "giustizia è fatta", ma "dopo" che uno si è goduto i piaceri del lusso e della tavola, e l'altro ha sofferto i tormenti della fame e delle piaghe.
Questa giustizia non poteva e non doveva essere fatta prima? Il salmo, come tantissimi altri brani della Bibbia, assicura: «Il Signore rende giustizia agli oppressi, dà il pane agli affamati, sostiene l'orfano e la vedova, ma sconvolge le vie dei malvagi». Noi ci crediamo, ma se potessimo vedere il rovescio su questa terra, cioè gli spensierati goderecci a chiedere un pezzo di pane e i Lazzaro banchettare allegramente, ci crederemmo molto di più. Non potrebbe il Signore darci qualche prova che sarà proprio così? Non potrebbe inviarci qualche testimonianza per essere sicuri che giustizia sarà fatta? No, afferma Abramo: «hanno Mosè e i Profeti; ascoltino loro». Conferma Gesù: "Hanno la mia parola. La ascoltino".

Niente da fare! Per scegliere di non finire «negli inferi fra i tormenti», cioè per evitare che l'uso della ricchezza (non soltanto quella dei soldi, ma tutto ciò che la vita ci mette tra le mani) ci chiuda gli occhi e il cuore verso i "Lazzaro" che stanno alla nostra porta, non abbiamo prove nel presente. Che il capovolgimento avverrà in paradiso dobbiamo scommetterlo. Razionalmente si può dimostrare e verificare che praticare il vangelo fa bene anche alla nostra vita di quaggiù, ma che tutto poi continui e si concluda lassù richiede scommettere contro quello che vediamo. Scommessa non facile quando vedi gli "spensierati" che se la spassano tranquilli.
È inutile andare in cerca di prove che ci rassicurino, magari presso santoni o imbroglioni. Se anche ne trovassero, non servirebbero, perché tutti siamo come i fratelli del riccone, come afferma Abramo: «Se non ascoltano Mosè e i Profeti, non saranno persuasi neanche se uno risorgesse dai morti». La prova del nove? Quelli che hanno visto Gesù far ritornare in vita i morti, non gli hanno creduto. Per fidarsi della parola di Dio è necessario scommettere sul Paradiso.

Cosa dobbiamo fare? Ascoltare san Paolo: «Tendi alla giustizia, alla pietà, alla fede, alla carità, alla pazienza, alla mitezza. Combatti la buona battaglia della fede, cerca di raggiungere la vita eterna alla quale sei stato chiamato»; e non smettere mai di pregare il Signore: «Credo; aiuta la mia incredulità!» (Mt 9,24), perché è arduo dire con san Filippo Neri: "Preferisco il Paradiso" dopo, quando puoi prendere subito il cappello da cardinale.


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