Può un giogo essere dolce e un peso leggero?

XIV Domenica del Tempo Ordinario - Anno A - 2017

A volte sembra che Gesù si diverta a scherzare o a provocare. Succede quando sfida la nostra logica, il nostro modo di ragionare e di valutare le cose, come fa in questa XIII domenica del tempo ordinario, assicurando: "Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero".

Come fa a dire che il suo giogo è dolce e il suo peso leggero, dopo aver messo in chiaro più volte e in maniera inequivocabile cosa comporta essere suo discepolo: "Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua" (Lc 9,23). Se rinnegare se stessi e prendere la propria croce è un giogo dolce e un carico leggero...

Allora, cosa fa Gesù? Ci sfida? Ci prende in giro?
No. Gesù è schietto e sincero come sempre, però, come sempre, bisogna avere la pazienza di ascoltarlo e l'umiltà di capirlo. Soltanto così si comprende che il giogo di Gesù è dolce, per il semplice motivo che non è un giogo. Gesù, infatti, non impone niente, ma propone. Ascoltiamo bene i suoi verbi: se qualcuno vuole venire, rinneghi, prenda, segua. Essi non sono imperativi, ma esortazioni; non sono ordini, ma inviti; non sono imposizioni, ma proposte.

La differenza è fondamentale. Sappiamo per esperienza che una proposta, anche quella oggettivamente più dura e ardua, smette di essere tale quando non la si subisce, ma la sceglie liberamente e responsabilmente. Se così non fosse certi sport come la maratona, la cinquanta chilometri di marcia, il pugilato, certe gare di ciclismo non esisterebbero, oppure le farebbero soltanto dei poveri condannati.

C'è, invece, qualcuno più felice di un atleta che taglia vincitore il traguardo di una maratona, oppure di un pugile che ha vinto un titolo mondiale, anche se ha la faccia tumefatta?
Chiarito questo, possiamo ascoltare e comprendere Gesù.

Certamente non è affatto "dolce e leggero" rinunciare alla propria sapienza e intelligenza per scegliere di diventare piccoli, in modo da comprendere ciò che Dio nasconde ai sapienti e agli intelligenti. Attenti! Non rimanere "piccoli", ma diventare "piccoli".

Certamente non è affatto "dolce e leggero" decidere di servire un re che cavalca un asino, ritenendolo vittorioso su chi gli viene contro con carri di guerra e cavalli.

Certamente non è affatto dolce e leggero scegliere di sottrarsi ai "desideri della carne", così suggestivi e facili da seguire, per aderire ai desideri dello Spirito, così alti ma così difficili da nutrire e seguire. Se tutto questo, però, lo si sceglie, allora ci si accorge che davvero quello di Gesù non è un giogo, ma una conquista; non è peso, ma un volo.

Ma anche le conquiste e i voli stancano.
Gesù lo sa meglio di noi, perché anche lui, nella sua esperienza terrena, ha provato la stanchezza. E' per questo che ci assicura: "Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro".
Se invece siamo stanchi e oppressi perché la nostra fede è diventata una pratica religiosa, portata avanti stancamente, tanto che ci pesa la Messa, ci sembra inutile e senza senso la preghiera, ci opprime la richiesta di carità?

In questo caso non c'è altra strada che chiedere perdono, e, sicuri che il Signore "fedele in tutte le sue parole e buono in tutte le sue opere, sostiene quelli che vacillano e rialza chiunque è caduto", prendere liberamente il suo giogo per ritrovare in lui il ristoro per la nostra vita.


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