Quand'è che la Messa è "buona"?

Santissimo Corpo e Sangue di Cristo - Solennità - Anno B - 2021

Il Signore non ci invita alla sua Cena per stare a guardare.

Per i non giovincelli il Corpus Domini (locuzione latina resistente e qualsiasi tentativo di traduzione) richiama una festa popolare partecipatissima, con chiese e processioni gioiose di colori e di profumi della primavera. Sotto ai segni esteriori era forte il richiamo alla centralità dell'Eucaristia e della Santa Messa per il popolo cristiano. Cessato il carattere di festa civile per la legge n. 54 del 5 marzo 1977, e trasportata alla domenica seguente, la Solennità del SS. Corpo e Sangue di Cristo, cioè il Corpus Domini, perse moltissimo dal punto di vista "popolare", diventando velocemente una domenica come le altre, che stavano diventando sempre meno "Giorno del Signore" ma di altri "signori" sempre più numerosi e variegati. In questa deriva della domenica verso il weekend, la pandemia del 2020, con la lunga chiusura delle chiese e la riapertura delle stesse con pesanti restrizioni e limitazioni, ha dato un'accelerazione molto forte all'abbandono della Messa domenicale, e perciò alla centralità dell'Eucarestia nella nostra vita, mettendo a nudo i limiti di una pratica religiosa basata non sulle convinzioni, ma sulle tradizioni.

"È buona la Messa in televisione?"

A riprova di quanto affermato c'è una domanda che non smette di circolare come un tormentone: "È buona la Messa in televisione?". L'interrogativo, entrato timidamente in circolazione probabilmente già nel lontano 10 gennaio 1954, quando si cominciò a trasmettere la Messa in TV, diventato sempre più diffuso e insistente con la trasmissione su più canali, è esploso con le Messe trasmesse in streaming dalle parrocchie durante le fasi più acute della pandemia. "È buona?". Cioè: consente di rispettare il precetto festivo? Ha lo stesso valore spirituale di quella celebrata in chiesa con la comunità raccolta intorno all'altare del Signore? Si spera che la domanda abbia sempre trovato risposte sagge convincenti, avendo messo bene in chiaro la differenza tra il vivere e il vedere vivere, tra il celebrare e il vedere celebrare, ma comunque non pare che abbiano convinto. Anzi sembra rafforzarsi il numero non solo di coloro che continuano a porre la domanda, ma anche di quelli che si sono dati la risposta: "Certo che è buona, anzi in televisione è meglio, perché ci si distrae di meno". Buonissima è poi quando viene trasmessa in streaming dalla propria parrocchia, perché sembra di stare lì, e te la puoi rivedere quando vuoi". Però c'è un problema: sembra.

"Fate questo"

Nell'ultima cena Gesù, «mentre mangiavano, prese il pane e recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro, dicendo: "Prendete, questo è il mio corpo". Poi prese un calice e rese grazie, lo diede loro e ne bevvero tutti. E disse loro: "Questo è il mio sangue dell'alleanza, che è versato per molti". Poi disse: "fate questo in memoria di me"» (Lc 22,19). "Fate"! Che è completamente diverso da "guardate". Per tanto tempo, abbiamo disatteso la consegna di Gesù perché guardavamo la cena in chiesa senza "mangiare", se non "una volta l'anno, almeno a Pasqua". Adesso perché vorremmo guardare dalla tivù o dal cellulare. Questo non è il "fate" che Gesù ci ha consegnato. La Solennità del Corpus Domini, anche se vissuta ancora con limiti e restrizioni sia l'occasione per ridare e allargare in noi il significato e lo spazio della Santa Messa nella nostra fede e nella nostra vita; per entrare più consapevolmente e attivamente nell'opera mediatrice di Cristo, "sommo sacerdote dei beni futuri"; per portare nel vivere quotidiano la parola e la presenza del Signore Risorto.

Vedere per desiderare

La Santa Messa in tivù per chi è impedito di partecipare fisicamente alla celebrazione è un modo buono per nutrire e accrescere il desiderio di poter tornare appena possibile alla celebrazione reale. Vederne altre in TV oltre a quella reale è l'occasione lodevole per sottrarsi ad altre trasmissioni meno pie ed edificanti. San Tommaso d'Aquino nel 1264, su richiesta del papa Urbano IV, tradusse in poesia quello che non si può spiegare con il ragionamento: «Ecco il pane degli angeli, pane dei pellegrini, vero pane dei figli: non dev'essere gettato... Buon pastore, vero pane, o Gesù, pietà di noi: nùtrici e difendici, portaci ai beni eterni nella terra dei viventi. Tu che tutto sai e puoi, che ci nutri sulla terra, conduci i tuoi fratelli alla tavola del cielo nella gioia dei tuoi santi». Tutto questo è vero se "il pane degli angeli" non è visto, ma è mangiato realmente. In questi giorni si parla finalmente di ripartenza e di ripresa. Facciamo che sia così anche per la Santa Messa "buona".


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