Quando la fede ha il vento contrario

XIX Domenica del Tempo Ordinario - Anno A - 2020

La fede in Gesù non è un rifugio per paurosi, ma una sfida per coraggiosi.

Spesso le parole, anche quelle più esperte, sapienti e devote non aiutano a comprendere il messaggio del Vangelo. In questi casi è più efficace mettersi al posto dei personaggi e delle vicende attraverso cui gli evangelisti hanno scelto di comunicarlo. È il caso del brano di questa domenica: gli apostoli nella tempesta sul lago. Allora mettiamoci al posto dei Dodici, soprattutto di Pietro. Egli, infatti, è l'uomo che in tanti episodi del vangelo, con le sue azioni e le sue reazioni, per la sua ricchezza temperamentale, oppure per un dono "dall'Alto", è l'immagine della fede, è "la fede in azione" con le difficoltà, a volte la drammaticità - ma anche la bellezza - di ciò che accade quando la nostra umanità e la nostra razionalità si incontrano con ciò che non possono comprendere, ma soltanto accogliere.

La vicenda. C'è stato il segno straordinario della moltiplicazione del pane e dei pesci che ha suscitato tanto entusiasmo nella folla da rischiare pericolose interpretazioni di tipo politico: volevano farlo re.
Gesù, prima di congedare la folla, "costringe" i Dodici (è l'unica volta che nei vangeli viene attribuito all'agire di Gesù questo verbo) a salire in barca per precederlo sull'altra riva. Non vogliono andarsene per vedere come il Maestro avrebbe gestito la vicenda. Niente da fare: devono partire. Rimasto solo, Gesù si ritira sul monte a pregare.

Eccoci in mezzo al lago. La barca non va, perché il vento è contrario e le onde sono molto agitate. L'umore dei Dodici, già delusi e straniti per essere stati costretti a partire, non è dei migliori. Ci mancava una figura misteriosa venire verso di loro camminando sul mare. Grandi e grossi come sono, cominciano a gridare dalla paura: «È un fantasma!». Allora quella presenza prova a rassicurarli: «Coraggio, sono io, non abbiate paura!».

Entra in scena Pietro. Dice: "Sono io, ma sarà davvero lui?". Come accertarsene? Al suo posto noi avremmo chiesto le prove: "Se sei tu, ferma il vento e calma le onde!". Se il vento si fosse fermato e le onde calmate, saremmo stati sicuri che non si trattava di fantasmi, ma di Gesù. Pietro no: chiede una cosa stranissima: «Signore, se sei tu, comandami di venire verso di te sulle acque». Gesù gli dice: «Vieni!», ed egli cosa fa? Scende dalla barca e comincia a camminare sul mare per andare verso Gesù.

"Pietro cosa dici, cosa fai? Se quell'ombra ti dice di camminare sulle acque, e tu esci dalla barca e lui non è Gesù, come va a finire?". Pietro non fa questi ragionamenti. Però, quando il vento continua a essere forte e le onde più agitate che mai, ha paura. Noi avremmo detto: "Che fesso! Mi sono lasciato ingannare". Invece proprio nel momento della paura e della difficoltà l'apostolo arriva alla certezza che quella presenza è il Maestro. Infatti gli grida: «Signore, salvami!». Il suo grido è un atto di fede: quella presenza può salvarlo soltanto se è Gesù, il Signore.

Le nostre tempeste. Spesso la vita ci porta su quella barca, preoccupati e delusi tra il vento forte e le onde agitate: eventi negativi, progetti infranti, malattie, complicazioni familiari e sociali, difficoltà economiche... Quando è così, a noi capita il contrario degli apostoli. Noi sappiamo che nella tempesta c'è il Signore, però per noi diventa un fantasma: non ascolta, non aiuta, non ci dà quello che ci serve. Noi vorremo che ci salvasse subito, che immediatamente facesse calmare i venti e le onde. Nella fede non funziona così. Non è un contratto, né un patto. È fidarsi.

«Appena saliti sulla barca, il vento cessò. Quelli che erano sulla barca si prostrarono davanti a lui, dicendo: "Davvero tu sei Figlio di Dio!"». Quando ci troviamo come i Dodici sballottati dal vento e dalle onde, anche se ci sembra che Gesù sia un fantasma, ricordiamoci di Pietro. Scendiamo dalla barca e andare verso di lui, gridandogli: «Signore, salvami!», con tanta più forza, quanto più è forte il vento e alte le onde.


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