Sempre nuovi davanti a Dio

XXVI Domenica del Tempo Ordinario - Anno A - 2017

Dio offre a tutti e sempre la possibilità di cambiare: anche ai figli che, talvolta, "non hanno voglia" di lavorare nella sua vigna; è questo il messaggio ricco di speranza, ma anche di provocazione, che ci consegna la liturgia della XXVI domenica del tempo ordinario.

Ormai non ci facciamo più caso che: carta di identità, foto segnaletiche, impronte digitali, riconoscimento vocale o oculare, password, pin..., siamo tutti schedati. Che di per sé non è male in quanto utile per tanti aspetti della vita sociale, ma nasconde il pericolo di fissare la vita, di congelarla come quel documento e quell'impronta: sei così, sei questo, non cambi più. Un pericolo in agguato, perché l'istinto ci spinge di suo a schedare le persone, a identificarle con la loro età, la loro immagine, i loro comportamenti, soprattutto quelli sbagliati. Per capirci senza tante parole, pensiamo a cosa succede a chi esce dal carcere. Può anche essere cambiato da così a così. Non gli serve: è uno che è stato in carcere.

Dio non fa così. Non scheda nessuno. Con lui sei sempre nuovo. Sicuro di essere ascoltato, puoi pregarlo come il salmista: "I peccati della mia giovinezza e le mie ribellioni, non li ricordare: ricordati di me nella tua misericordia, per la tua bontà, Signore".

"Ricordati di me". Di me. Non di quello che ho fatto, che volevo fare, che avevo promesso di fare. Di me, che ti sto davanti e sono quello che sono adesso, anche se non ero mai stato così.

E' consolante questo modo di fare di Dio. Davanti a lui non siamo per sempre quelli che hanno detto: "Non ne ho voglia" al padre della parabola che aveva chiesto: "Figlio, oggi va' a lavorare nella vigna", ma quelli che adesso decidono cosa fare: se andare anche se avevano detto no, oppure non andare anche se avevano promesso. Sempre capaci di cambiare. Dio ci vede adesso, senza schemi e pregiudizi. Perché il Signore, come ci ricorda il profeta Ezechiele ragiona così: "Se il malvagio si converte dalla sua malvagità che ha commesso e compie ciò che è retto e giusto, egli fa vivere se stesso. Ha riflettuto, si è allontanato da tutte le colpe commesse: egli certo vivrà e non morirà".

"Egli fa vivere se stesso".... Grandioso! Chi è sempre pronto a uscire dagli schemi, dalle abitudini, dalle schedature, fa vivere se stesso. Nel caso contrario si chiude nella tomba, come i capi dei farisei e gli anziani del popolo, che Gesù cerca di svegliare con la sua parabola, ma senza sperare di riuscirci, tanto che li provoca in maniera severissima: "i pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio".

Non distraiamoci, però, con i farisei, perché Gesù provoca anche noi. Per non cadere sotto la sua reprimenda dobbiamo ricordare che schedare gli altri, non dare loro la possibilità di cambiare e di essere nuovi significa farli morire. Conosciamo tutti la devastazione che può produrre nelle persone, soprattutto in quelle più deboli, l'essere "bollate", marchiate, schedate. Un comportamento che oggi attraverso i social media può raggiungere una pericolosità tanto micidiale da spingere a gesti disperati, perché le cattiverie hanno un raggio di diffusione infinitesimale rispetto ai pettegolezzi e alle malignità da cortile e da bar.

Se Dio ci dà sempre la possibilità di essere nuovi, dobbiamo assumere lo stesso suo comportamento. E qui arriva il difficile, perché ciò che riguarda Dio non ci viene spontaneo, ma esige una scelta che cozza contro il nostro istinto. Quale sia questa scelta, e quanto essa sia impegnativa, ce lo indica san Paolo: "Non fate nulla per rivalità o vanagloria, ma ciascuno di voi, con tutta umiltà, consideri gli altri superiori a se stesso. Ciascuno non cerchi l'interesse proprio, ma anche quello degli altri. Abbiate in voi gli stessi sentimenti di Cristo Gesù...".

Considerare gli altri superiori a noi stessi... Non cercare l'interesse nostro ma quello degli altri... Avere in noi gli stessi sentimenti di Cristo Gesù... Queste indicazioni ci spaventano soltanto a pensarle, figuriamoci a metterle in pratica. Eppure sono per noi. Perciò facciamole nostre, certi che, anche se tante volte gli abbiamo detto di sì e abbiamo fatto di no, possiamo comunque pregarlo: "Ricordati di me per la tua bontà, Signore, non per i miei peccati e le mie ribellioni", certi che egli ha fatto già così.


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