Senza Gesù presente tutto il resto è niente

Santissimo Corpo e Sangue di Cristo - Solennità - Anno C - 2019

La festa del Corpus Domini ci ricorda che nell'Eucaristia incontriamo veramente Gesù Risorto.

Il Corpus Domini, una delle feste religiose più amate, ricca di tradizioni secolari come le processioni e le infiorate, ha perso molto delle manifestazioni esteriori, anche per il suo spostamento alla domenica seguente, ma rimane una celebrazione molto importante per approfondire il significato profondo dell'Eucaristia e della Messa.
Tra le molteplici componenti della celebrazione eucaristica, che dopo il Concilio Vaticano II hanno subito variazioni e aggiornamenti (la posizione dell'altare, i canti, i gesti, la partecipazione dei fedeli, il segno della pace, la comunione sulle mani...) anche tra polemiche e forti contrapposizioni, ce n'è una che è rimasta fondamentalmente la stessa, e che per questo potrebbe essere quella più trascurata: la consacrazione, cioè il momento in cui Gesù Cristo diventa realmente presente nell'ostia e nel vino consacrati.

La presenza reale di Gesù Risorto è la Messa, è ciò che dà senso alla celebrazione. Se non si realizzasse questa presenza, tutto il resto sarebbe scena, pantomima, finzione. Ecco perché questo momento deve essere accolto con il sentimento religioso più alto a nostra disposizione: l'adorazione, l'atteggiamento della creatura che riconosce la sua piccolezza di fronte al creatore e si fa muta e piccola, esprimendo questa verità con il silenzio e mettendosi in ginocchio.
Questo dobbiamo fare durante la consacrazione, invece non sempre succede, e questo momento rischia di diventare distratto e vuoto. L'adorazione non ci viene spontanea, sia perché non è facile riconoscersi piccoli, sia perché non è usuale in quanto nella vita quotidiana soltanto rarissimamente capita di inginocchiarsi davanti a un'altra persona. Così, nelle nostre Messe, molto animate e partecipate nell'inizio, nell'ascolto della Parola, nella presentazione delle offerte, nel Padre Nostro, nello scambio della pace, può accadere che la consacrazione scorra via distratta, come una parentesi, perché c'è soltanto la voce del sacerdote che invoca lo Spirito Santo sul pane e sul vino, e che racconta ciò che ha fatto Gesù nell'ultima cena. Se, poi, il sacerdote legge queste parole frettolosamente, magari per rimediare alla lunghezza della predica, c'è il rischio che l'attenzione e la partecipazione dell'assemblea si risveglino al Padre Nostro.

Ma come può Gesù essere realmente presente? In una intervista nel corso della trasmissione A sua immagine (Rai 1, venerdì santo 2011) Papa Benedetto XVI rispondeva così: «Nell'Eucaristia, il Signore ci dona il suo corpo glorioso (cioè non quello nato da Maria, ma quello risorto), non ci dona carne da mangiare nel senso biologico del termine, ci dà se stesso, entra nel nostro essere uomini, nel nostro essere persona, come persona, e ci tocca interiormente con il suo essere, così che possiamo lasciarci penetrare dalla sua presenza, trasformare nella sua presenza... Così siamo già in contatto con questa nuova vita, questo nuovo tipo di vita» quella del risorto, quella eterna.

La spiegazione di papa Benedetto non è facile e non risolve le nostre difficoltà e i nostri dubbi, però riesce a fare intuire ciò che accade: in quel pane e in quel vino consacrati c'è il Risorto che, donandosi a noi, mettendo dentro di noi la potenzialità di «lasciarci penetrare dalla sua presenza, trasformare nella sua presenza», semina in noi il seme della vita eterna che diventerà pienezza nell'incontro definitivo con lui. Da questa presenza reale scaturisce tutto il resto. I canti non sono belli perché ci piacciono, ma perché aiutano a comprendere. I segni non sono belli se sono simpatici, ma se aiutano a sottolineare e vivere la sua presenza. I vestiti non sono adeguati se vanno di moda, ma se non distraggono da ciò che celebriamo e ne sottolineano la grandezza. E i motivi per dispensarci dalla Messa sono validi soltanto se non ci sono altre reali possibilità di rimediare altrimenti.

Dove non arriviamo a capire, possiamo arrivare a credere, pregando con l'antico inno: «Buon pastore, vero pane, o Gesù, pietà di noi: nutrici e difendici, portaci ai beni eterni nella terra dei viventi. Tu che tutto sai e puoi, che ci nutri sulla terra, conduci i tuoi fratelli alla tavola del cielo nella gioia dei tuoi santi».


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