Testimoni della consegna di Gesù

III Domenica di Pasqua - Anno B

Gettare il cuore oltre l’orizzonte terreno.

Mentre, tornati in fretta da Emmaus, i due discepoli raccontano agli «Undici e a quelli che erano con loro» come lo avevano riconosciuto «nello spezzare il pane», Gesù in persona si rende presente per convincerli che è veramente risorto, che è proprio lui, che non è fantasma: «Toccatemi e guardate; un fantasma non ha carne e ossa, come vedete che io ho». Desta meraviglia che gli apostoli siano così resistenti a credere nella sua risurrezione, pur avendolo vivo davanti; sorprende anche Gesù, che per convincerli e rassicurali, non ricorre a segni straordinari, ma a gesti umili e profondamente umani: toccarlo, guardarlo, mangiare davanti a loro «una porzione di pesce arrostito». Per comprendere la loro difficoltà ci può far bene considerare quanto sia difficile anche per noi credere, non a parole, nella sua e nostra risurrezione.

La consegna

Torniamo nel Cenacolo. Niente sembra essere sufficiente per farli uscire dall’incanto sbalordito tra gioia e stupore. Allora Gesù «apre loro la mente». Così fa capire che la sua morte e la sua risurrezione non sono state un caso, un imprevisto, un contrattempo ma un pensiero di Dio dall’eternità: «Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno… Di questo voi siete testimoni». «Apre la loro mente», perché a quei pochi uomini impauriti non bastava una convinzione approssimativa e superficiale. Serviva una fede profonda e convinta per testimoniarla e per predicarla fino a lasciarsi martirizzare.
«Di questo voi siete testimoni» dichiara Gesù. Essi non comprendono ancora la portata della consegna; ne diventeranno pienamente consapevoli in seguito, quando Pietro, reso capace dallo Spirito di parlare e di farsi capire in tutte le lingue, inizia a praticarla davanti al popolo: «Avete ucciso l’autore della vita, ma Dio l’ha risuscitato dai morti: noi ne siamo testimoni».

«Noi» chi?

A chi si riferisce Pietro con quel «noi»? Se avesse inteso soltanto gli Undici e pochi altri discepoli, la testimonianza richiesta da Gesù si sarebbe esaurita con la loro coraggiosa ed eroica morte. In quel «noi» invece ci sono tutti coloro che, lasciandosi «aprire la mente» dalla sua parola, credono che egli sia veramente risorto, e sono orgogliosi di testimoniarlo con le parole e con la vita.
Il giorno di Pentecoste, alla fine del discorso di Pietro, i presenti «all'udire queste cose si sentirono trafiggere il cuore e dissero a Pietro e agli altri apostoli: “Che cosa dobbiamo fare, fratelli?”». È la stessa domanda che ci poniamo noi, e anche la risposta è la stessa: «Convertitevi dunque e cambiate vita, perché siano cancellati i vostri peccati».

I peccati del «non fare»

Ma noi che siamo cristiani da sempre da cosa ci dobbiamo convertire? Ci risponde l’evangelista Giovanni: «Da questo sappiamo di averlo conosciuto: se osserviamo i suoi comandamenti. Chi dice: “Lo conosco”, e non osserva i suoi comandamenti, è bugiardo e in lui non c’è la verità». I «suoi» comandamenti, cioè quelli di Gesù. Quelli di Mosè non bastano per essere testimoni della sua risurrezione. Non vanno dimenticati, ma «portati a pieno compimento» (Mt 5,17). Il che significa non accontentarsi delle Tavole del Sinai, quelle del non fare il male, osservate «fin dalla giovinezza» come dal giovane che gli domandava cosa avrebbe dovuto fare di buono per avere la vita eterna, ma portate a quelle del fare il bene: «vendere tutto, darlo ai poveri e seguirlo» (Mt 19, 16-21). Detto così anche a noi viene voglia di «andarcene tristi». Lasciamocelo tradurre da San Paolo: «Cercate di compiere il bene davanti a tutti gli uomini. Non lasciarti vincere dal male, ma vinci il male con il bene» (Rm 12,17-21). Le molte ricchezze che il giovane non volle abbandonare sono, per noi, le risorse di intelligenza, di volontà, di libertà che Dio ci ha donato. Non dobbiamo tenerle strette per noi, e consumarle nel chiuso dell’orizzonte terreno, ma investirle e praticarle per il bene nostro e di tutti nella prospettiva di risorgere con Gesù. Da questa scelta nascono tutti quei beni: fratellanza, solidarietà, pace, attenzione, generosità, sincerità… che vincono il male, o quanto meno ne alleggeriscono il peso.
La consegna di Gesù: «di questo voi siete testimoni». Accettarla è gettare il cuore oltre l’orizzonte umano per testimoniare la sua risurrezione e raggiungerlo con la nostra.


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