Tommaso nostro fratello

II Domenica di Pasqua (o della Divina Misericordia) - Anno A - 2023

La fede nella risurrezione è un continuo passaggio dal dubbio all’affidamento.

Conosciuto scherzosamente come “il miscredente che se non vede non crede a niente”, l’apostolo Tommaso è nostro compagno di viaggio nel cammino quotidiano tra i dubbi e la fede nel Cristo risorto. L’incontro del «se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo» e il «Mio Signore e mio Dio!» dopo otto giorni, in lui è stato un evento straordinario «nel luogo dove i discepoli si trovano a porte chiuse per paura dei giudei». In noi le due situazioni convivono ogni volta che la vita mette alla prova la fede nel «Signore veramente risorto». Cioè sempre. Noi che dovremmo essere “beati”, per aver creduto senza averlo visto, ed essere “ricolmi di gioia” per “la grande misericordia” con la quale «Dio e Padre del Signore nostro Gesù Cristo, ci ha rigenerati, mediante la risurrezione di Gesù Cristo dai morti», non siamo risparmiati dai momenti del “Se non vedo non credo”, alternati al “Mio Signore e mio Dio” di Tommaso.

Il regno nuovo dov’è?

Davvero siamo stati rigenerati mediante la risurrezione di Gesù Cristo dai morti, come afferma l’apostolo Pietro? Gesù aveva rassicurato i suoi discepoli: «Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi. Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore» (Gv 14,27), e apparendo il giorno della risurrezione, quasi a ricordare loro la promessa, li aveva salutati con il «Pace a voi!». Ma dov’è è finita la sua promessa? Le guerre continuano come prima, come dimostrano questi giorni minacciosi con il rischio che la terza guerra mondiale “preparata a pezzi”, come ripete Papa Francesco, esploda nella distruzione totale.
Nel Regno inaugurato dalla sua risurrezione, ci si aspettava che si potesse vivere senza preoccuparsi del mangiare, del bere e del vestire. E queste masse di affamati, assetati, nudi che rischiano la vita nel deserto, nel mare, nelle prigioni dei trafficanti?
E dove è finita la prima comunità cristiana con i credenti perseveranti nell’insegnamento degli apostoli e nella comunione, nello spezzare il pane e nelle preghiere; che stavano insieme e avevano ogni cosa in comune; vendevano le loro proprietà e sostanze e le dividevano con tutti, secondo il bisogno di ciascuno; lodando Dio e godendo il favore di tutto il popolo?
E come si fa a essere “ricolmi di gioia” quando le sofferenze e le prove non finiscono mai?
A Tommaso in difficoltà Gesù ha mostrato i fori dei chiodi e la ferita del costato. C’è per noi la stessa misericordia dimostrata per l’apostolo?

Anche per noi segni da guardare e toccare

Come a Tommaso, anche a noi Gesù mostra i segni della sua risurrezione da guardare e da toccare. Sono coloro che, dove vivono e operano, creano pace, rinunciando alla tranquillità personale, e al comodo: “non me ne importa”. Sono coloro che nonostante la sordità e il cuore di pietra di coloro che dovrebbero ascoltare non smettono di chiedere la pace e di pregare per essa, come papa Francesco. Sono gli abitanti delle coste che corrono a soccorrere i migranti sbattuti dal mare sulla spiaggia. Sono anche coloro che mettono la loro vita a servizio del rinnovamento della fede e della vita delle comunità cristiane. Sono molti di più di quelli che pensiamo. Dobbiamo imparare a riconoscerli.

Diventare mani e costato del Risorto

Sollevato dai dubbi da Gesù, Tommaso diventò, con gli altri apostoli e con tutti quelli che erano venuti e venivano alla fede, prova tangibile della risurrezione del Signore, obbediente alla consegna: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». Anche noi siamo chiamati a essere segno di risurrezione per chi ha bisogno di guardare e toccare il Signore Risorto. In questo compito così impegnativo, ma così necessario, Tommaso, nostro fratello nel dubbio e nell’affidarsi al Risorto, ci è fratello e sostegno.


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