Torniamo al quotidiano "per un'altra strada"

Epifania del Signore - Anno C - 2016

"L'Epifania tutte le feste se le porta via". Dice il proverbio, ed è vero. Perché il Natale, soprattutto in certe combinazioni come quest'anno, è un concentrato eccezionale di feste che finisce inevitabilmente a dare ai giorni un alone diverso dal tempo normale. Perché, tolti i presepi, le luminarie, gli alberi, adesso si torna da una fede celebrata e contemplata a una fede vissuta nel quotidiano.

Facciamo in modo che il ritorno al quotidiano avvenga come quello dei Magi: "per un'altra strada". I Sapienti la presero per evitare la crudeltà di Erode che voleva uccidere il Bambino. Noi dobbiamo farlo per evitare l'Erode del quotidiano: un'insidia per la fede viva, calorosa e coraggiosa, come quella vissuta nelle celebrazioni e nelle preghiere.

Dobbiamo partire dalle feste del Natale "per un'altra strada".

Quella di una fede più adulta e consapevole, capace di misurarsi con l'Erode che vorrebbe farcela ridurre a una questione privata, per non disturbare, il "che male c'è?", il "fanno tutti così".
Quella di una fede capace di sfidare l'Erode che vorrebbe eliminare il Bambino, perché il suo messaggio alternativo al potere, al successo, alla violenza, all'"ideologia dello scarto" potrebbe "rovesciare i potenti dai troni", rovinando o mettendo in discussione le loro posizioni di privilegio.

Quella di una fede capace di contrastare l'Erode che vorrebbe eliminare il Bambino perché ritenuto pericoloso per l'integrazione tra i popoli di fede e cultura diversa.
Quella di una fede capace di sfidare l'Erode che vorrebbe identificarlo con le favole per bambini, per affidarsi all'onnipotenza della scienza.
Quella di una fede capace di svergognare l'Erode che vorrebbe sbarrare la vita a chi non nasce in piena salute e abbreviarla a chi non si affretta a lasciarla, creando grossi problemi alla spesa sanitaria.

Dobbiamo tornare da un'altra strada per passare senza rimpianti e ricerca di compromessi da una fede "sociale", da "non possiamo non dirci cristiani", a una fede di persone e comunità che sanno testimoniare con limpidezza e coraggio perché ci gloriamo di essere cristiani.

Con un pò di doni

Per essere capaci di "tornare per un'altra strada", chiediamo a Gesù, Giuseppe e Maria di poter portare con noi un po' dei doni offerti loro dai Magi.

Un po' di oro. Cioè una fede ripulita dalle convenzioni che spesso hanno sostituito le convinzioni, e dalle abitudini che hanno prevalso sulle scelte libere e consapevoli. Troppi cristiani adulti non sono adulti nella fede, perché non conoscono la parola di Dio, se non quelle poche cose che ricordano dal catechismo della prima comunione, e dalle prediche della domenica. Oggi, per essere credenti "lieti e fieri", c'è bisogno di una fede forte, nutrita da convinzioni robuste, capaci di confrontarsi con i problemi e le situazioni inedite che la vita pone davanti.

Un po' di incenso. Cioè una fede che, come l'incenso espande il suo profumo quando viene bruciato, mentre finché sta chiuso nella scatola non serve a niente. La fede non è un dono da tenere dentro, ma da espandere in modo da rendere manifesta a tutti la sua gloria che vince la tenebra che ricopre la terra, e dirada la nebbia fitta che avvolge i popoli.

Un po' di mirra. Cioè, una fede forte e coraggiosa che sa resistere al martirio della testimonianza, anche e soprattutto negli ambienti e tra le persone meno disposti ad accoglierla.


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