Tutti con i settantadue

XIV domenica del Tempo Ordinario - Anno C - 2022

Da una fede “consumo personale” a una fede “annuncio del Vangelo”.

«Il Signore designò altri settantadue e li inviò a due a due davanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi». Questa decisione, presa da Gesù dopo aver chiarito cosa comporta l’essere suoi discepoli (niente dove posare il capo, rinunciare anche alle esigenze familiari come seppellire il padre, non voltarsi indietro), stimola a meditare sull’impegno più importante, più difficile, più trascurato dell’essere cristiani e dell’essere Chiesa nel nostro tempo: l’annuncio del Vangelo.

Un numero che ci riguarda

Dopo avere inviato i Dodici alla prima esperienza di evangelizzazione, conclusasi con molta soddisfazione da parte degli apostoli (Lc 9,1-2), Gesù organizza l’invio di settantadue discepoli, cioè di uomini che non stavano sempre con lui come i Dodici (Mc 3,14), ma lo seguivano quando e come potevano, per aprirgli la strada «in ogni città e luogo dove stava per recarsi».
Perché settantadue? I numeri nella Bibbia non sono matematici, ma simbolici, cioè nascondono significati che vanno al di là del conteggio. Il settantadue, non motivato da prove scientifiche, ma ispirato a un brano della Bibbia (Gen 10) indicava tutte le “nazioni” che abitano la superficie della terra. Con la sua scelta Gesù dichiara che il suo messaggio, supera le dodici tribù di Israele, ed è per tutte le nazioni. Questo compito di preparargli la strada tra coloro che non lo conoscono non interessa soltanto i Dodici (semplificando: il papa, i vescovi, i sacerdoti…), ma ogni cristiano.

Chiesa in uscita e clericalismo

È addirittura assillante l’esortazione di papa Francesco a fare uscire la Chiesa dal chiuso delle parrocchie, dove il messaggio evangelico viene ripetuto sempre alle stese persone, e allo stesso modo, affidato al clero con i laici chiamati tutt’al più ad aiutare. E le “nazioni” dove Gesù non è conosciuto, o viene rifiutato, o combattuto, o dimenticato? A esse è necessario portarlo.
“Giusto! Tocca ai preti uscire dalle sagrestie e superare il clericalismo”. Non è così. Il clericalismo, chiarisce papa Francesco, non è solo dei chierici: è un atteggiamento che tocca tutti noi. «Si può affermare che sia un “peccato a due mani”, perché a una parte consistente di clero piace la tentazione di clericalizzare i laici, ma tanti laici, in ginocchio, chiedono di essere clericalizzati, perché è più comodo e meno responsabilizzante. Una sorta, dunque, di clericalismo attivo, voluto e alimentato dal clero, e di clericalismo passivo, accettato e subìto dal laicato. Il clericalismo è come il tango che si balla in due. Non ci sarebbe il clericalismo se non ci fossero laici che vogliono essere clericalizzati».

Conversione difficile

Limpegno dei settantadue è rivolto a tutti, anche a quelli che partecipano soltanto quando possono alla messa della domenica e niente di più, perché anche essi frequentano la famiglia, i luoghi di lavoro, i negozi, gli amici, le passeggiate… gli ambienti di vita, cioè le nazioni che abitano la superficie della terra.
Questa conversione è molto difficile, perché, abituati da secoli al prete che cura le sue pecore, indicando le cose da fare o non fare, non si considera un peccato, e quindi qualcosa di cui accusarsi, il non camminare insieme con compiti diversi per preparare ad accogliere Gesù. Per quanto difficile, però, questa conversione da una fede “consumo personale” a una fede “annuncio del Vangelo” va intrapresa, perché le nazioni che non lo conoscono (ragazzi, giovani, adulti e anche anziani, uomini e donne…) si estendono sempre di più.

Le prediche "porta a porta"

La difficoltà nasce anche da un modello sbagliato dell’annuncio del Vangelo: la predica dal pulpito. “Mica possiamo metterci a predicare nel bar, nello stadio, in officina, nell’ufficio?”. Di quelle prediche ne abbiamo a sufficienza, lasciamole ai sacerdoti, magari rinnovandone contenuti e linguaggio. Le prediche da “settantadue” che si possono fare dovunque con il coraggio di “agnelli in mezzo ai lupi, senza borsa, né sacca, né sandali”, sono quelle porta a porta, testimoniando e motivando nel nostro vissuto quotidiano la bellezza, la giustezza, l’importanza delle scelte che scaturiscono dal Vangelo.


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