Tutti sulla Gerusalemme - Gerico

XV Domenica del Tempo Ordinario - Anno C - 2019

Il buon samaritano non è un personaggio da ammirare, ma da interpretare.

«Va' e anche tu fa' così». Non c'è sintesi più efficace e fulminea della parola di Dio di questa domenica di quella fatta da Gesù al dottore della Legge che, in vena di chiacchiere, gli aveva chiesto: «Chi è il mio prossimo?». Gesù non aveva accettato la discussione sull'argomento ma, dopo averlo posto davanti a una situazione concreta, l'aveva riportato alla domanda iniziale: «Maestro, che cosa devo fare per ereditare la vita eterna?».
Cosa devi fare? Comportati come il samaritano.

«Va' e anche tu fa' così». Gesù lo dice anche a noi, come singoli, e come Chiesa. Ma cosa fa il samaritano? Ci verrebbe da rispondere: "Ha amato il prossimo". Non basta. Il poveretto caduto in mano ai briganti non era "prossimo" del samaritano, come intendeva il dottore della Legge: non gli era parente, né concittadino, né suo compagno di fede. Il samaritano ha fatto qualcosa di essenzialmente diverso: è diventato prossimo dello sconosciuto malcapitato.

«Va' e anche tu fa' così». A noi Gesù chiede la stessa cosa: diventare prossimo di chi incontriamo, chiunque egli sia, anche se non lo conosciamo, anche se "non è dei nostri", addirittura se ci è nemico.

Questo comporta vivere, coniugando verbi molto impegnativi.
Vedere. Avere gli occhi aperti sulla realtà, dove la vita si realizza. Ciò significa informarsi e partecipare.
Avere compassione. Avere empatia: uscire da sé stessi e mettersi nei panni degli altri.
Farsi vicino. Non far cadere la compassione dall'alto, ma mettendosi accanto.
Soccorrere. Intervenire con ciò che si ha a disposizione: le bende, l'olio e il vino, il giumento per portare alla locanda, il tempo e i soldi per prendersi cura del malcapitato.
Risolvere. Non accontentarsi del "pronto intervento", ma fare quanto è possibile affinché la situazione di sofferenza e di bisogno sia completamente sanata.

«Va' e anche tu fa' così». Questa è la consegna di Gesù. È una strada percorribile oppure è un sentiero riservato a rari supercristiani? Vivere con i verbi del samaritano significa intristire la nostra vita, rinunciando a tutto il bello che la vita ci offre, oppure è in armonia con il nostro vero bene? È un peso gravoso che il vangelo ci carica sulle spalle oppure la rivelazione di ciò che il nostro cuore cerca?

Mosè, nel presentare al popolo la Legge di Dio, dichiarava: «Questo comando che oggi ti ordino non è troppo alto per te, né troppo lontano da te. Non è nel cielo, perché tu dica: "Chi salirà per noi in cielo, per prendercelo e farcelo udire, affinché possiamo eseguirlo?". Non è di là dal mare, perché tu dica: "Chi attraverserà per noi il mare, per prendercelo e farcelo udire, affinché possiamo eseguirlo?". Anzi, questa parola è molto vicina a te, è nella tua bocca e nel tuo cuore, perché tu la metta in pratica».

È così anche per il «va' e fa' anche tu così». Non è troppo alto per noi, né troppo lontano da noi, ma molto vicino a noi, nella nostra bocca e nel nostro cuore, perché la mettiamo in pratica. Ragionando terra terra, i verbi del buon samaritano non sono quelli del bravo cittadino? Quando lamentiamo il degrado della società non è perché riscontriamo l'assenza o la scarsezza di questi verbi?

«Va' e anche tu fa' così». Capita a tutti prima o poi di cadere "nelle mani dei briganti". Quando è così vorremmo ardentemente che non passassero sacerdoti e leviti ma samaritani buoni. Per rendere possibile questa eventualità, accettiamo la consegna di Gesù, e cerchiamo di vivere come il buon samaritano della parabola.


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