Una fede da corsa e da battaglia

XX domenica del Tempo Ordinario e Assunzione della B.V. Maria - Anno C - 2022

Tenere lo sguardo su Gesù per non sbagliare strada e arrivare fuori tempo massimo.

Il messaggio della parola di Dio di questa domenica è di quelli che non possono lasciare indifferenti. Inizia con il profeta Geremia gettato dentro un pozzo, non perché ha fatto qualcosa di malvagio, ma perché ha detto ai malvagi quello che non volevano sentirsi dire.
Continua con l’autore della Lettera agli Ebrei, che esorta ad affrontare con coraggio le difficoltà che la fede sta loro procurando, perché: «Non avete ancora resistito fino al sangue nella lotta contro il peccato».
Termina con Gesù che dichiara: «Sono venuto a gettare fuoco sulla terra, e quanto vorrei che fosse già acceso! Ho un battesimo nel quale sarò battezzato, e come sono angosciato finché non sia compiuto! Pensate che io sia venuto a portare pace sulla terra? No, io vi dico, ma divisione».

Fuoco sulla terra, non pace ma divisione… Queste parole forti, quasi violente, potrebbero sembrare strane e inusuali rispetto ai testi sui quali ci si ferma normalmente a meditare e a pregare, ma in realtà sono la conclusione della “lezione” che nel suo ultimo viaggio verso Gerusalemme, Gesù sta tenendo per far comprendere cosa significa e cosa comporta essere suoi discepoli. La sua “scuola”, iniziata mettendo subito le cose in chiaro: «Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua» (Lc 9,23), è continuata con un crescendo: «Vendete ciò che possedete e datelo in elemosina; fatevi borse che non invecchiano, un tesoro sicuro nei cieli, dove ladro non arriva e tarlo non consuma» (Lc 12,33); siate sempre pronti, «con le vesti strette ai fianchi e le lampade accese» per accogliere “il Figlio dell'uomo”, anteponendo questa scelta a ogni altra incombenza, persino a quelle umanamente sacre come seppellire i morti e salutare i familiari. Tutto questo perché «un discepolo non è più del maestro; ma ognuno, che sia ben preparato, sarà come il suo maestro» (Lc 6,40), questo Maestro che sta vivendo, con il suo viaggio a Gerusalemme, quello che propone ai suoi discepoli: fare la volontà del Padre finché non sia compiuta, anche quando e se le difficoltà creano angoscia. In questo modo Gesù si propone come testimone e modello, e l’autore della Lettera agli Ebrei può esortare: «Fratelli, corriamo con perseveranza nella corsa che ci sta davanti, tenendo fisso lo sguardo su Gesù, colui che dà origine alla fede e la porta a compimento».
Conclusione della lezione: essere sui discepoli è portare fuoco e divisione tenendo lo sguardo su di lui. Possiamo tradurre: gettare sassi nello stagno, cioè dove si vive e si opera.

Bella ma impossibile?

Una fede che porta sulla terra fuoco e divisione non è nelle nostre convinzioni e nei comportamenti. Se Gesù rivolgesse a noi la domanda: “Pensate che io sia venuto a portare pace sulla terra?”, noi gli risponderemmo: “Sì, noi la pensiamo proprio così”. Dobbiamo cambiare, recuperando la dimensione della fede come una battaglia, come una corsa, per poter dire come san Paolo: «Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la corsa, ho conservato la fede» (2Tm 4,7).

La fede come corsa, come battaglia, come fuoco, come testimonianza che stimola e disturba… e come si fa? Quasi quasi verrebbe voglia di rubare la risposta degli apostoli a Gesù che illustrava gli impegni del matrimonio: «Se questa è la situazione di chi crede in te, non conviene accettarla!» (Cfr. Mt 19,10). Se glielo dicessimo, egli sicuramente ci risponderebbe: «Non tutti capiscono questa parola, ma solo coloro ai quali è stato concesso» (Mt 19,11). Poi, dopo averci ricordato che: «impossibile agli uomini, ma non a Dio! Perché tutto è possibile a Dio» (Mc, 10,27), ci esorterebbe con decisione a convertirci in fretta da una fede silenziosa e invisibile, tranquilla e “pacioccona” che non regge più all’urto dei cambiamenti. Lo stiamo constatando anche in questo dopo Covid: la Messa della domenica che “guai a lasciarla perché non sarebbe più domenica”, dopo qualche mese di assenza giustificata per il lockdown è diventata un optional.

Maria, traguardo e conforto

Fare la propria corsa e la propria battaglia tenendo lo sguardo su Gesù, cercando di tenere il suo passo, per non perderlo di vista, per non rischiare di sbagliare strada e arrivare al traguardo fuori tempo massimo ci fa sentire piccoli, inadeguati, incapaci, tanto da dire come Pietro: «Signore, allontànati da me, perché sono un peccatore» (Lc 5,8). Dobbiamo sentirci così: è la verità, ma è vera anche la fiducia nel Signore che ha provveduto a non lasciaci senza guida e senza conforto. Il calendario di questo anno, unendo praticamente domenica e Solennità dell’Assunzione di Maria, ce lo ricorda più e meglio delle parole.

Perché correre? Perché battagliare, per conquistare cosa? Perché «Cristo è risorto dai morti» e noi possiamo risorgere con lui. Noi non corriamo per «ottenere una corona che appassisce», ma «una che dura per sempre» (1Cor 9,25); noi corriamo «verso la mèta, al premio che Dio ci chiama a ricevere lassù, in Cristo Gesù» (Fil 3,14). Noi corriamo verso un traguardo che Maria ha raggiunto, e da dove ci aspetta, indicandoci nel frattempo che la strada per raggiungerla è combattere l’enorme drago rosso, che con la sua coda vuole trascinare il cielo sulla terra, spingendo al contrario la terra su nel cielo, dove “risorta” con il Figlio, aspetta i figli.

E di nuovo la paura ci prende. Dove e come trovare la forza di combattere l’enorme drago rosso? Nel conforto di Maria e nell’umile ma combattivo impegno di contrastarlo, facendo la nostra corsa, seguendo Gesù che disperde i superbi nei pensieri del loro cuore; rovescia i potenti dai troni, innalza gli umili; ricolma di beni gli affamati, rimanda i ricchi a mani vuote.
Come possiamo così piccoli compiere cose così grandi? Maria ha iniziato a compiere le grandi cose fatte per lei dall’Onnipotente, portando la gioia di Gesù a Elisabetta. Portare un po’ di gioia di Gesù a tutte le Elisabetta che ci sono vicine e incontriamo è una cosa piccola, alla nostra portata. A renderla grande ci pensa il Signore.


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