Una lingua da imparare e praticare

Domenica di Pentecoste - Solennità - Anno A - 2020

Capirsi, intendersi, accettarsi diversi, collaborare in pace è rivivere la Pentecoste.

Mattina di Pentecoste, circa le ore nove. «Parti, Medi, Elamìti; abitanti della Mesopotàmia, della Giudea e della Cappadòcia, del Ponto e dell'Asia, della Frìgia e della Panfìlia, dell'Egitto e delle parti della Libia vicino a Cirène, Romani qui residenti, Giudei e prosèliti, Cretesi e Arabi» - praticamente rappresentanti di tutto il mondo allora conosciuto – richiamati da un improvviso «fragore disceso dal cielo, quasi un vento che si abbatte impetuoso» si ritrovano davanti a una casa, dalla quale esce un gruppo di persone che parla di Gesù di Nàzaret, uomo «accreditato da Dio per mezzo di miracoli, prodigi e segni», crocifisso e ucciso, ma risuscitato da Dio. Parlano con tanto entusiasmo e gioia da sembrare ubriachi. Grande è la sorpresa della folla per un fenomeno straordinario e sconvolgente: tutti li sentono parlare nella propria lingua nativa. Perciò tutti capiscono. Cosa sarà accaduto? La folla, giustamente meravigliata, non sa che su quegli uomini erano apparse «lingue come di fuoco» che li avevano «colmati di Spirito Santo»: il dono promesso da Gesù risorto.

La scena è di quelle che non si dimenticano, sia perché è bella per i particolari narrativi - la folata di vento impetuoso che scuote la casa, le fiammelle di fuoco che non bruciano ma infiammano, il gruppo che esce dalla casa vincendo la paura, la folla che si interroga su come mai tutti comprendono nella propria lingua - ma soprattutto perché evoca un bene a cui tutti tendiamo, che tutti cerchiamo, e che invece è difficilissimo da trovare e da realizzare: il capirsi, l'intendersi, il sapersi accettare diversi, il riuscire a collaborare in pace. Chi non vorrebbe che nel mondo, nella società, nella vita personale succedesse così?

Immaginiamo che spettacolo sarebbe – e che mondo sarebbe - se davanti a quella casa di Gerusalemme ci fossero russi, americani, cinesi, europei, africani che si capiscono e collaborano.
Immaginiamo che spettacolo sarebbe – e che vita sarebbe – se davanti a quella casa ci fossero i giovani e i vecchi, i mariti e le mogli, i figli e i genitori, i condomini e i colleghi... che si capiscono e collaborano. Immaginiamo che Chiesa sarebbe se davanti a quella casa ci fossero quelli per Papa Francesco, quelli per Papa Ratzinger, quelli per Giovanni Paolo II che si capiscono e collaborano. Sarebbe davvero quella "novella Pentecoste" che i cristiani da sempre invocano, forse però aspettandola e non costruendola.

Bellissima e straordinaria la mattina di Pentecoste a Gerusalemme con la provvidenziale lingua che tutti capiscono senza bisogno di traduttori e interpreti. Però ammirarla e desiderarla non serve a niente. Bisogna farla rivivere, imparando e praticando quella lingua straordinaria che tutti comprendono.
Come si può fare? Quella mattina clamorosa e stupenda non sarebbe avvenuta, e i discepoli di Gesù sarebbero ancora chiusi nel Cenacolo per «timore dei Giudei», se non fosse venuto dal cielo lo Spirito Santo a dare loro il «potere di esprimersi» in quel modo. Questo potere, questo dono, non è un'abilità linguistica, ma mettere alla base della propria vita che "Gesù è il Signore". E questo è credere, proclamare, testimoniare. Se uno solo è il Signore, non serve fare la guerra per esserlo. C'è lui. Non serve riconoscere ad altri questa "signoria", accettando di servirli, perché da questa gara a prevalere sugli altri nasce la confusione delle lingue. In Gesù unico Signore, invece, è possibile capirsi, comprendersi, collaborare, accettando che «vi sono diversi carismi, ma uno solo è lo Spirito; vi sono diversi ministeri, ma uno solo è il Signore; vi sono diverse attività, ma uno solo è Dio, che opera tutto in tutti. A ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito per il bene comune».

Bellissima e straordinaria la mattina di Pentecoste a Gerusalemme con la provvidenziale lingua che tutti capiscono senza bisogno di traduttori e interpreti. Non solo però se la si ricorda o la si desidera, ma se nel nostro piccolo - famiglia, colleghi, amici, condomini, parrocchia - la si rivive, accogliendo il dono dello Spirito Santo, nel quale possiamo credere e testimoniare che "Gesù è il Signore".


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