Una sequenza di sì verso Betlemme

IV domenica di Avvento - Anno A - 2022

Ogni Natale è una ricarica di consapevolezza, di fede e di impegno.

«Quando si destò dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l’angelo del Signore e prese con sé la sua sposa». Così, con poche parole, senza un’ombra di retorica come se fosse la cosa più normale di questo mondo, l’evangelista annuncia il sì di Giuseppe a una proposta che gli cambia la vita. Stessa sobrietà e semplicità nel sì di Maria: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola». «Così fu generato Gesù Cristo»: due sì che raccolgono tutti quelli che da Abramo conducono a Betlemme.

Come nascono quei sì?

La prontezza dei sì di Maria e Giuseppe ci meravigliano, ma un po’ ci disorientano, perché, confrontati con le nostre incertezze, ci interrogano: Come è possibile prendere decisioni così fondamentali, fidandosi di Dio in modo così assoluto? Sarà stato l’intervento del messaggero a dare coraggio? Certo, se anche a noi apparisse un angelo del Signore, forse anche noi…
Se l’angelo fosse il luminoso giovane alato come lo si immagina, probabilmente aiuterebbe a superare le nostre incertezze, ma gli angeli che portano i messaggi di Dio non sono così facili da identificare come tali, e fanno anche fatica ad avere risposte positive. Pochi mesi prima, un angelo del Signore era apparso a Zaccaria (Lc 1,20), che non era stato per niente pronto a fidarsi. Tanto meno fu facile per Gedeone (Gdc 6,11-13), così per Tobia (Tb 5,4) e per altri personaggi. Ma allora dove trovarono Maria e Giuseppe la forza per quei sì? Nel fidarsi di lui, perché nonostante le piccolezze, le inadeguatezze, le resistenze, perfino i tradimenti, i suoi progetti si realizzano, e sono salvezza per noi. L’evangelista Matteo con la genealogia di Gesù - il brano di Vangelo che introduce quello che la liturgia ci fa ascoltare in questa domenica -, mostra come la lunga e difficoltosa sequenza di sì è arrivata fino a quelli di Maria e Giuseppe.

La celebrazione del sì

Eccoci alle porte del Natale, pronti a celebrare una festa attesa e desiderata più di ogni altra, con le sue tradizioni affascinanti e gioiose: i presepi, l’albero, i canti, gli incontri, i doni… Viviamo tutto con gioia, senza però dimenticare che essi non sono la festa ma i segni della festa, che sarà vera se non confonderemo il fine con i mezzi. Senza questa attenzione, le luminarie, i regali, i presepi, gli incontri tra familiari e amici, persino le celebrazioni liturgiche, compresa la Messa di Mezzanotte, sarebbero finzioni e rappresentazioni ingenue e vuote.

Ma è vera festa?

Anche sul Natale non possono tacere i dubbi, non soltanto nei miscredenti, ma anche nei cristiani devoti: A cosa serve questa festa così osannata? Siamo sicuri che non sia addirittura dannosa? Sentiremo le solite cantilene sulla pace che Gesù è venuto a portare, sull’amore di Dio per noi, sul tutti siamo fratelli… Ma dov’è questa pace? Dov’è l’amore di Dio? Dove è il tutti siamo fratelli? Appena finisce una disgrazia ne arriva un’altra. C’è una guerra vicino a casa nostra, terribile e violenta, più che mai. Altro che dono della pace! Sembra proprio che a ogni Natale il male diventi sempre più minaccioso e assurdo...
La festa serve proprio a far crescere la consapevolezza dell’assurdità e della potenza del male, e, di conseguenza – se si vuole – l’impegno a contrastarlo e a combatterlo con i sì al progetto di Dio.


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