Vedere con gli occhi di un cieco

IV domenica di Quaresima (laetare) - Anno A - 2023

Cercatori di verità nella foresta delle apparenze.

Il vivace racconto del cieco nato, che in Gesù ha conosciuto la luce, e dei farisei che vorrebbero subito spegnergliela, sembra la drammatizzazione di quanto l’evangelista Giovanni afferma nel prologo del suo vangelo: «la luce splende nelle tenebre e le tenebre non l'hanno vinta» (Gv 1,5.); «la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagie» (Gv 3,19). I personaggi del dramma: il mendicante che senza averla chiesta riceve «dall’uomo che si chiama Gesù» il dono della luce con meraviglia e gioia; i farisei che ottusamente e ostinatamente scendono in campo contro Gesù (lo chiamano “costui” perché non corrisponde ai loro schemi e alle loro vedute) per aver osato fare un po’ di fango con la saliva, lavoro proibito di sabato: «Quest’uomo non viene da Dio, perché non osserva il sabato». Costoro invece di meravigliarsi per un avvenimento così straordinario, come «i vicini e quelli che lo avevano visto prima», negano quello che vedono, caparbiamente, convocando addirittura i genitori per verificare se nella cecità del figlio poteva esserci qualche trucco. Anche i genitori, però, li deludono: «Sappiamo che questo è nostro figlio e che è nato cieco». Ma essi non si arrendono: non può esistere una verità al di fuori della loro, perciò cercano di farlo tacere: «Noi sappiamo che quest’uomo è un peccatore». Alla disarmante risposta del mendicante: «Da che mondo è mondo, non si è mai sentito dire che uno abbia aperto gli occhi a un cieco nato. Se costui non venisse da Dio, non avrebbe potuto far nulla», passano all’insulto: «Sei nato tutto nei peccati e insegni a noi?», e alla cacciata dalla sinagoga.

L'apparenza e il cuore

Il racconto dell’evangelista è una devota esortazione, oppure la descrizione drammatica del contrasto tra la luce e le tenebre sempre in atto nella realtà che ci circonda e in ciascuno di noi? Può esistere davvero una cecità refrattaria alla luce come quella dei farisei? Lasciamo rispondere i fatti. La guerra, il pericolo del nucleare, le migrazioni bibliche dei popoli, la tratta delle persone, lo sfruttamento insensato delle risorse della terra… cosa sono se non un rifiuto arrogante e ottuso della luce? Un simbolo: papa Francesco. Non smette di tentarle di tutte per aprire gli occhi dei ciechi anche se lasciano cadere nel vuoto - e forse segretamente ci ridono su - i suoi appelli accorati. Egli è la versione contemporanea, vivente, del cieco che acquista la vista e dei farisei che chiudono gli occhi.

Se passiamo dalle situazioni e dalle problematiche mondiali alla nostra vita giornaliera, ritroviamo ugualmente il contrasto tra il cieco nato e i farisei che non vogliono vedere. La verifica potrebbe utilizzare molti strumenti e prendere in esame diversi ambiti e situazioni. Limitiamoci a quello suggerito dalla parola di Dio, proclamata nella prima lettura, che ci fa entrare nella casa di Iesse il Betlemmita, dove è netta la replica del Signore a Samuele sicuro di aver individuato il “consacrato” da ciò che vede: «Non guardare al suo aspetto né alla sua alta statura. Io l’ho scartato, perché non conta quel che vede l’uomo: infatti l’uomo vede l’apparenza, ma il Signore vede il cuore». Oggi più che mai questo richiamo a non lasciarsi guidare dalle apparenze è importante e urgente per noi. Viviamo nella società delle apparenze. Tutto ciò che è vetrina, partendo da cose apparentemente di poco conto (il vestito, il capello, i tatuaggi, gli orpelli, comportamenti “lo fanno tutti”…) finiscono per condurci a giudicare superficialmente anche le questioni fondamentali della vita: la pace, la convivenza, il dialogo, l’accoglienza, la gratuità, la giustizia, le scelte sociali e politiche… E se non ci si adegua, si viene cacciati fuori dalla “sinagoga”. Così però si rischia di passare da vedenti a ciechi di ritorno.

Fare luce

Il cieco nato, grato per ciò che ha ricevuto, non si accontenta di gioirne, ma prova a far sì che la sua vicenda riesca ad aprire gli occhi ai farisei: «Se costui non venisse da Dio, non avrebbe potuto fare ciò che ha fatto a me». Anche a noi viene chiesto di prendere consapevolezza della luce della fede e di farne dono. Lo chiede San Paolo: «Fratelli, un tempo eravate tenebra, ora siete luce nel Signore. Comportatevi perciò come figli della luce». “Figli della luce”… Cosa vuol dire? È più facile capirlo che spiegarlo, perché non c’è chi non sappia che il “frutto” della luce è «ogni bontà, giustizia e verità». L’esatto contrario del lievito dei farisei dal quale guardarsi: «Fate attenzione e guardatevi dal lievito dei farisei e dei sadducei» (Mt 16,6), fa diventare vedenti ciechi.


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