Veri credenti se testimoni del Risorto

III Domenica di Pasqua - Anno B - 2018

La fede cristiana non può limitarsi a preghiere, riti e opere buone per conquistare il paradiso. Deve essere testimonianza che Gesù risorto è in mezzo a noi con una vita "altra" che stimoli a riflettere e cambiare.

Il vangelo di questa domenica ci riporta alla sera di Pasqua, quando i due discepoli, avviatisi tristi verso Emmaus, convinti che ormai l'avventura fosse chiusa, tornano "senza indugio" a Gerusalemme per comunicare agli "Undici" (i dodici apostoli meno Giuda) di aver riconosciuto Gesù nel gesto dello spazzare il pane.
"Davvero il Signore è risorto ed è apparso a Simone", rispondo gli Undici e "gli altri che erano con loro". Immaginiamo la scena - alle cose di Dio, a volte la fantasia è di aiuto più della ragione -. Gioia? Timore? Incertezza? Dubbi? Grida di gioia? Lacrime di felicità? Tutto questo insieme. Poi il colpo della fantasia di Dio: "Gesù in persona stette in mezzo a loro".

"Stette", scrive l'evangelista. Non: "entrò". Non: "apparve". "Stette". Era lì. Non come un fantasma, ma vero, come prima: si fa guardare, si toccare, si fa vedere mangiare. Come prima. È vivo. Fanno fatica a capire – e chi non avrebbe fatto fatica? – e Gesù prova ad aprire loro la mente: «Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno, e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme».

Questo intervento del risorto non basterà ad "aprire loro la mente". Ci dovrà tornare sopra più volte e alla fine ci riuscirà soltanto con l'intervento dello Spirito Santo. Intanto, però, Gesù stabilisce ciò che la sua risurrezione comporta per i suoi discepoli: "Di questo voi siete testimoni". Non chiede preghiere cinque volte al giorno. Non chiede nemmeno comportamenti morali, né celebrazioni e commemorazioni. Chiede di testimoniare che lui c'è. Che è vivo, perché ha vinto la morte. Che non è stato annullato come si erano illusi di essere riusciti a fare. Che non è stato confinato chissà dove. Ma che lui c'è. Sta in mezzo a loro. Come prima. Non è una consegna facile da capire, perché è unica e originale rispetto a tutti gli altri fondatori di religioni.

I suoi discepoli lo capiscono soltanto dopo la Pentecoste. Lo testimonia Pietro quando, al "popolo fuori di sé per lo stupore" nel vedere "lo storpio fin dal nascita" camminare, saltare e lodare Dio, dopo il suo: "nel nome di Gesù Cristo, il Nazareno, alzati e cammina", proclama: "Avete ucciso l'autore della vita, ma Dio l'ha risuscitato dai morti: noi ne siamo testimoni".
"Noi ne siamo testimoni". La consegna di Gesù nella sera di Pasqua è stata raccolta.

Noi la stiamo raccogliendo questa consegna?
Non possiamo evitare una risposta sincera a questa domanda fondamentale, se vogliamo che la nostra fede sia "cristiana", cioè come l'ha chiesta Gesù. Potremmo cavarcela dicendo: "Ma certo che l'abbiamo raccolta. Preghiamo, partecipiamo alla Messa e ai sacramenti, cerchiamo di essere brave persone, chiediamo perdono per i nostri peccati, confidando di raggiungere il Signore risorto in paradiso per la misericordia di Dio... Questa non è testimonianza?". Non è la testimonianza che Gesù ci ha chiesto e ci chiede. È testimonianza di preghiere, pratiche, buone opere. Può essere anche testimonianza della nostra fede nella vita eterna, ma non è la testimonianza che il Signore è risorto, che è vivo e sta in mezzo a noi.

Essere testimoni che Gesù è risorto e sta in mezzo a noi comporta renderlo presente sempre e in ogni luogo: dentro di noi, nei nostri progetti, nei nostri sentimenti, nei nostri rapporti interpersonali e sociali, nel condominio, nei luoghi del lavoro e dell'amicizia..., rovesciando i criteri umani di valutazione con l'osservanza dei suoi comandamenti che, superando l'orizzonte terreno, cambiano significato e importanza a tutto ciò che pensiamo, diciamo, facciamo.

Dobbiamo riconoscere che la nostra testimonianza è quanto meno debole. Siamo brave persone che cercano di non cedere troppo alla mentalità mondana, ma ci manca quella carica di vita alternativa che ci consenta di dire, non tanto con la voce, ma con una vita "altra": "Convertitevi dunque e cambiate vita, perché siano cancellati i vostri peccati".


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