Verso il tempo dei frutti maturi

XXXIII Domenica del Tempo Ordinario - Anno B - 2018

Non ci piace pensare alla fine del mondo e tanto meno alla nostra. Invece tenerla presente è l'unico modo per vivere con saggezza e misura.

Questi brani della parola di Dio che sul finire dell'anno liturgico, prima del nuovo Avvento, tornano a ricordarci la fine del mondo e la nostra, ci mettono sempre in difficoltà, procurando anche un po' di fastidio. Non ci piace, infatti, parlare della fine del mondo, né tanto meno pensare alla nostra. Eppure se c'è una cosa sulla quale si è necessariamente tutti d'accordo è che questo mondo, inteso come universo, finirà. È sicuro. Lo dice la scienza. E che ognuno di noi finirà è più che sicuro. Lo sa perfino chi non sa cosa sia la scienza. Di conseguenza le parole del profeta Daniele e di Gesù non sono che un promemoria del quale dovremmo essere grati.

Invece non è così. Ci infastidiscono, perché ci ricordano qualcosa a cui non vorremmo pensare, e non ci dicono l'unica cosa che sulla fine del mondo e sulla nostra personale vorremmo sapere: il "quando" avverrà. "Quando" accadrà che «il sole si oscurerà, la luna non darà più la sua luce, le stelle cadranno dal cielo e le potenze che sono nei cieli saranno sconvolte»? Ci saremo noi nel bel mezzo di questo «tempo di angoscia, come non c'era stata mai dal sorgere delle nazioni fino a quel tempo», in questo cataclisma cosmico, oppure noi saremo già passati? Il "quando accadrà". È questo che ci interessa, come interessava ai discepoli di Gesù. Invece è quello che non ci viene detto. Anzi, veniamo invitati a non cercarlo, perché, come Gesù diceva agli apostoli che glielo chiedevano, «nessuno lo sa, né gli angeli nel cielo né il Figlio, eccetto il Padre». Addirittura non lo sa nemmeno Gesù. Lo afferma egli stesso. E questo ci sorprende molto.

Ma, allora, perché la parola di Dio ce lo ricorda? Non sarebbe meglio andare avanti senza pensarci, evitando domande che non trovano risposte? In effetti è quello che, consapevolmente o meno, facciamo, salvo poi reagire stizziti quando è la realtà a ricordarci che la fine c'è, e allora reagiamo stizziti con la frase che sentiamo ripetere anche in tivù come un ritornello: "Non si può morire cosi!". E invece si muore così e nei modi più impensati.

Non pensarci non risolve. Ascoltiamo allora la parola di Dio che non ci dice il quando, ma ci ricorda che siamo provvisori, perciò dobbiamo evitare l'illusione del "come se" vivessimo per sempre. Perché è da questa illusione che nasce la gran parte delle tristezze e delle angosce che ci carichiamo sulle spalle, dimenticando che tutto passa e noi non facciamo eccezione. Ed è da questa illusione che scaturiscono i mali che affliggono la convivenza umana. Pensiamo alle ruberie, alla corruzione, alle ingiustizie, agli accaparramenti, ai disastri dell'inquinamento del suolo, dell'aria, dell'acqua...
Essere consapevoli di questa provvisorietà, se non ci toglie il dispiacere di lasciare ciò che la vita ci mette nelle mani, ci dona però la saggezza di dare a tutto ciò che abbiamo il giusto peso e la giusta misura.

La parola di Dio, però, va oltre. Essa ci indica di vivere la provvisorietà con fiducia, perché la fine non ci porta verso il nulla, ma verso la pienezza di ciò che la vita terrena ci permette di assaggiare. Le parole del profeta Daniele, anche se con uno stile un po' minaccioso, affermano che questa pienezza, non regalata a tutti ma, com'è giusto, conquistata con una vita buona («gli uni alla vita eterna e gli altri alla vergogna e per l'infamia eterna»), è più di quanto si possa sperare: «i saggi risplenderanno come lo splendore del firmamento; coloro che avranno indotto molti alla giustizia risplenderanno come le stelle per sempre».
È, però, soprattutto Gesù a darci fiducia, rivelandoci che il suo ritorno «sulle nubi con grande potenza e gloria» non va pensato e atteso con paura e tremore, ma con serenità e fiducia, perché non è cadere dall'autunno all'inverno, ma salire dalla primavera all'estate: «dalla pianta di fico imparate la parabola: quando ormai il suo ramo diventa tenero e spuntano le foglie, sapete che l'estate è vicina». L'estate è la stagione dei frutti maturi. È questa che ci aspetta, se camminiamo verso di essa.


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