Vivere come Gesù

V Domenica di Pasqua - Anno B - 2018

La fede in Gesù non è limitarsi a dedicare spazi alla preghiera, ai sacramenti e a qualche opera buona, ma cercare di vivere umilmente come lui è vissuto.

«Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla». Chissà quante prediche, esortazioni, meditazioni abbiamo sentito e fatto su queste parole di Gesù. Abbiamo fatto bene a meditarle e dobbiamo continuare a farlo, perché esse, oltre a indicarci il livello più profondo e alto di intimità con il Signore, ci rivelano anche il significato autentico dell'essere discepoli. Conosciamo infatti le parole di Gesù: «Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua» (Lc 9,23). Cosa intende Gesù con il suo: "Mi segua"? Seguirlo per fare cosa? D'istinto ci viene da rispondere: "Per fare quello che lui ci dice". Non è così, perché prima del "per fare" c'è lo "stare con lui". Gesù lo stabilisce in modo chiaro nella scelta degli Apostoli, i prototipi di tutti i discepoli: «Ne costituì Dodici - che chiamò apostoli -, perché stessero con lui e per mandarli a predicare con il potere di scacciare i demòni» (Mc 3,14-15). Ora non c'è uno stare con lui più profondo di quello indicato dall'affermazione di Gesù: "Io sono la vite, voi i tralci". Attenzione alle parole! Gesù non dice: "Io sono il tronco, voi i tralci", ma: "Io sono la vite, voi i tralci". Cioè, lui è tutta la vite, tralci compresi. Noi, quindi, per Gesù non siamo una parte della vite diversa dal tronco, con una propria per quanto piccola consistenza. Siamo qualcosa soltanto se inseriti in lui che è il tutto. Staccati da lui serviamo solo per fare fuoco: «Senza di me non potete far nulla. Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e secca; poi lo raccolgono, lo gettano nel fuoco e lo bruciano».

Ma cosa significa concretamente stare con lui come il tralcio alla vite, cioè in questo rapporto vitale? I cristiani hanno cercato di rispondere in vario modo a questa domanda. La risposta che ha raccolto più consensi può essere indicata con il titolo di un libro che ha nutrito spiritualmente moltitudini di cristiani: l'Imitazione di Cristo, forse il testo più letto dopo la Bibbia. Papa Giovanni XIII, per esempio, vi si ispirava e lo raccomandava, ma non tutti ne hanno compreso come lui il senso profondo, e soprattutto non tutti ne hanno seguito la giusta ispirazione. È accaduto molto spesso – e accade anche oggi – che l'imitazione di Cristo sia stata ridotta a un impegno "spiritualistico", cioè alla devozione, alla preghiera, alla meditazione, ai sacramenti, e a qualche opera buona ogni tanto, ma senza una imitazione del Gesù "uomo": generoso, leale, coraggioso, deciso contro ogni ingiustizia, misericordioso verso i deboli e i peccatori.
Con questa interpretazione era inevitabile che si aprisse la strada a cristiani pii, fervorosi, devoti, ma molto lontani dal vivere quotidiano di Gesù, caratterizzato da un impegno concreto per la giustizia, per la pace, per la misericordia. Sono quei cristiani che la "voce del popolo" ha etichettato con un po' di cattiveria, ma con una buona dose di verità: "santi in chiesa e diavoli in casa". Così si è potuto constatare la tremenda verità delle parole di Gesù che si sarebbe tentati di ritenere esagerate: "senza di me non potete far nulla". È sbagliato pensare che l'abbandono in massa della fede cristiana di parte di intere categorie di persone (operai, donne, giovani...), nonostante l'abbondanza di battezzati, di praticanti, di riti religiosi, di processioni, di congressi, di dichiarazioni solenni, sia stata causata da questa "fede" senza testimonianza nella quotidianità?

Ma pensiamo a noi, perché il rischio di essere, senza magari rendercene conto, dei tralci da tagliare e da gettare nel fuoco è sempre presente. Rimanere in Gesù come i tralci alla vite significa pensare, sentire, agire come lui. Non si può rimanere in Gesù ed essere suoi tralci, senza imitare la sua onestà, la sua lealtà, il suo coraggio, il suo dinamismo, la sua generosità, la sua misericordia...

È ciò che afferma l'evangelista Giovanni: «Chi osserva i suoi comandamenti rimane in Dio e Dio in lui, e questo è il suo comandamento: che crediamo nel nome del Figlio suo Gesù Cristo e ci amiamo gli uni gli altri, secondo il precetto che ci ha dato».

Pensare, sentire, agire come Gesù...
E come possiamo? Provandoci, senza arrenderci mai, ricominciando sempre, con la certezza consolante e incoraggiante che: "Dio è più grande del nostro cuore e conosce ogni cosa".


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