Vivere convertendosi

III Domenica del Tempo Ordinario - Anno B - 2018

Il fatto che la nostra fede in Gesù non sia partita da clamorosi cambiamenti di vita, ma sia stata respirata dall'ambiente in cui siamo nati ci impegna a vivere convertendoci.

In questa III domenica del tempo ordinario, la parola di Dio ci esorta non soltanto ad essere ascoltata, ma a essere messa in pratica con un deciso e profondo cambiamento di vita. Gli abitanti di Ninive rispondono allo sbrigativo invito del profeta Giona, in maniera addirittura esagerata: "bandirono un digiuno, vestirono il sacco, grandi e piccoli". Simone e Andrea, raggiunti dall'invito di Gesù mentre "gettavano le reti in mare", "subito lasciarono le reti e lo seguirono", senza preoccuparsi nemmeno di recuperarle. Giacomo e Giovanni sembra che non salutino nemmeno il padre Zebedeo, lasciato di punto in bianco sulle con i garzoni.

Questa prontezza a cambiare vita rischia di sembrarci al di fuori della nostra portata, perché, salvo casi particolarissimi, in noi non è accaduto niente di simile. Noi ci siamo trovati dentro la fede in Gesù praticamente con l'aria che respiravamo. Tutt'al più, dopo un periodo di lontananza dalla pratica religiosa nell'età giovanile, senza tuttavia abbandonare la fede e i suoi valori, ci siamo riconvertiti a essa in occasione dei sacramenti dei figli, oppure per qualche esperienza associativa. Ma niente scossoni come quelli degli abitanti di Ninive e degli apostoli. Sappiamo – è vero - che gli scrittori biblici, compresi l'autore del libro di Giona e l'evangelista Marco, non fanno la cronaca di ciò che è accaduto, ma raccontano i fatti in modo da fare emergere il loro messaggio religioso, la conversione dei niniviti e dei primi discepoli così immediata e decisa serve loro per comunicare la prontezza con cui si deve rispondere al Signore. Comunque sia il reale e radicale cambiamento di vita degli apostoli ci induce a chiederci se la nostra sia vera fede, oppure semplicemente una semplice coincidenza: l'essere nati in Italia e non in India o in Arabia Saudita.

D'altra parte, anche volendo fare nostro l'invito di Gesù: «Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo», da cosa ci dovremmo convertire? Possiamo mettere un po' più di impegno nel pregare, nel partecipare alla Messa, nel fare un po' di carità... Insomma: una aggiustatina. Ma non possiamo mica gettare in mare il nostro lavoro e la nostra famiglia per ritirarci... dove?

E no! La conversione che il Signore chiede a noi oggi, è diversa soltanto apparentemente da quella dei primi discepoli. Leggendo bene i vangeli, scopriamo che anche a loro Gesù diede la possibilità di meditare la scelta, incontrandoli più volte, prima chiedere il sì definitivo; e che nonostante la loro generosa decisione, anche essi dovettero superare momenti di dubbio, di crisi, di cedimento. A ben guardare quindi sono molto più vicini a noi di quello che sembra, perché a noi viene chiesta la stessa generosa risposta non nel lasciare il lavoro e la famiglia, ma nel vivere queste realtà con una fede sempre più consapevole e sempre più capace di incidere sulla nostra vita quotidiana. A prescindere da come è iniziata la nostra fede, come gli apostoli e come tutti i convertiti del vangelo, siamo chiamati a vivere convertendoci.

Cosa significhi questo ce lo spiega san Paolo con una sintesi efficacissima. Ascoltiamolo: "Fratelli: il tempo si è fatto breve; d'ora innanzi, quelli che hanno moglie, vivano come se non l'avessero; quelli che piangono, come se non piangessero; quelli che gioiscono, come se non gioissero; quelli che comprano, come se non possedessero; quelli che usano i beni del mondo, come se non li usassero pienamente: passa infatti la figura di questo mondo!".

Potrebbe sembrare la filosofia dei buontemponi, quelli che: «Mangiamo e beviamo, perché domani moriremo!» (Is 22.13). Non è così. San Paolo ci invita a vivere la realtà terrena senza farci imprigionare come se essa fosse il fine e non il passaggio per andare verso la realtà definitiva: il regno dei cieli. Questo non significa vivere la famiglia, il pianto, la gioia, i beni del mondo alla bene e meglio. Al contrario. Se corro i cento metri come se fossero ottocento, arriverò al traguardo quando gli altri sono già sotto la doccia. Se corro gli ottocento come se fossero i cento, finirò il fiato prima di arrivare. Famiglia, lavoro, e tutti gli altri impegni cambiano profondamente, se prendiamo le misure giuste, senza scambiare per definitivo quello che è provvisorio. Lasciare le reti e le barche per seguire Gesù significa per noi convertirci ogni giorno, consapevoli che "passa la figura di questo mondo".


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