Vivere il tempo che passa

XXXIII Domenica del Tempo Ordinario - Anno C

I giorni corrono non bisogna lasciarli sfuggire.

«Mentre alcuni parlavano del tempio, che era ornato di belle pietre e di doni votivi, Gesù disse: “Verranno giorni nei quali, di quello che vedete, non sarà lasciata pietra su pietra che non sarà distrutta”». È difficile per noi immaginare l’effetto di queste parole su coloro che lo ascoltavano; forse, se qualcuno ci dicesse che tra pochi giorni la basilica di san Pietro cadrà a pezzi, potremmo capire appena un po’; perché il tempio per gli ebrei non era soltanto un edificio che si sarebbe potuto ricostruire (pensiamo alla cattedrale di Notre-Dame a Parigi) ma la casa di Dio, il segno visibile della sua presenza. Lo shock per le sue parole sarà diventato anche più sconcertante e preoccupante perché Gesù, continuando il discorso, ha messo insieme alla fine del tempio quella di Gerusalemme e quella del mondo, con un parallelo tutt’altro che arbitrario, dal momento che se finisce il tempio, casa di Dio, finisce la città santa, finisce il mondo, finisce tutto.

La preoccupazione del quando

Tutto è provvisorio, tutto è di passaggio! Non è facile accettare questa realtà, anche se ci viviamo dentro e non possiamo fare a meno di viverci, perché la provvisorietà ci rende inquieti, incerti, ansiosi, ci preoccupa e ci fa anche paura. Per questo, come gli ascoltatori di Gesù, vorremmo anche noi attutirne la tristezza e lo sconforto con la conoscenza del “quando” e dei segni della fine per prepararci in tempo: «Maestro, quando dunque accadranno queste cose e quale sarà il segno, quando esse staranno per accadere?»; così potremo stare tranquilli fino a quel disgraziato momento.
Ma Gesù non rispose - e non risponde - sul “quando”, anzi invitò - e invita - decisamente a non dare ascolto a chi dice di conoscerlo: «Badate di non lasciarvi ingannare. Molti infatti verranno nel mio nome dicendo: “Sono io”, e: “Il tempo è vicino”. Non andate dietro a loro!”»; e non indicò - e non indica - il segno perché i segni della provvisorietà e della fine sono attivi nello scenario del mondo: nazione contro nazione, regno contro regno, terremoti, carestie e pestilenze in diversi luoghi, fatti terrificanti e segni grandiosi dal cielo… E tutto passa, tutto finisce, niente è per sempre.

La provvisorietà è una risorsa

Cosa comporta prendere consapevolezza che tutto è provvisorio? Sicuramente non vivacchiare a scartamento ridotto, senza impegno, a braccia conserte… perché tanto tutto finisce. Ma vivere al massimo, senza sprecare neppure un istante della vita, perché ogni istante è prezioso: passa e non ricapita più, perciò non va consegnato alla pigrizia, alla banalità, al nonsenso, all’ozio.

San Paolo ci si propone come esempio e come maestro: «Noi infatti non siamo rimasti oziosi in mezzo a voi, né abbiamo mangiato gratuitamente il pane di alcuno, ma abbiamo lavorato duramente, notte e giorno, per non essere di peso ad alcuno di voi». Da qui il suo perentorio: «chi non vuole lavorare, neppure mangi». Gesù ammirava la bellezza del tempio di Gerusalemme. Se non fosse stato costruito (come tutte le meraviglie costruite sulla terra) … tanto anche esso sarebbe finito…, non ne avrebbe ammirato la bellezza, e non avrebbe pianto prevedendo la sua fine. Rinunciare a costruire il bello, il buono, il vero, perché… tanto finiranno, significherebbe non utilizzare e sprecare il dono irripetibile della vita, andando incontro alla minaccia del profeta Malachia: quel giorno sarà come un «forno rovente» che brucerà gli sprovveduti fino a non lasciar loro né radice né germoglio; mentre per coloro che avranno apprezzato il dono di Dio sorgerà come i raggi benefici del sole.


Condividi

vivere-il-tempo-che-passa.html

Articoli correlati

Newsletter

Iscriviti alla newsletter per essere sempre aggiornato su iniziative e novità editoriali
Figlie di San Paolo © 2025 All Rights Reserved.
Powered by NOVA OPERA