Oltre la meraviglia e lo stupore

II Domenica dopo Natale - Anno C - 2022

Dietro i racconti sobri e semplici del Natale di Gesù c’è la verità su Dio e su noi.

La parola di Dio del primo dell’anno, in attesa dell’ultimo tocco dell’Epifania, ha continuato quella che possiamo definire la magia e l’incanto del Natale, impossibile da non provare all’ascolto dei racconti semplici e straordinari degli evangelisti Matteo e Luca. Possiamo dire che essi ci hanno trattenuti ancora davanti all’incanto del presepio. La seconda domenica dopo Natale, che quest’anno arriva proprio a ridosso della solennità della Madre Dio, cambia registro, costituendo praticamente una eccezione al linguaggio della Bibbia che comunica con racconti, personaggi, dialoghi, preghiere, e soltanto raramente con argomentazioni razionali e teoriche. Il prologo di san Giovanni è una di queste rare eccezioni, probabilmente la più importante: niente stella, niente canto di angeli, niente pastori… Viene da pensare che l’evangelista, conoscendo i testi di Luca e Matteo, abbia voluto stimolare ad approfondirne il significato profondo, con una efficacissima e straordinaria sintesi: «E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi». In queste poche parole c’è tutto ciò che abbiamo celebrato e stiamo celebrando fino all’Epifania.

Il bambino «avvolto in fasce e adagiato nella mangiatoia», affettuosamente chiamato “Bambinello” è il Verbo di Dio, è la sua “sapienza”, è la sua grandezza, è la sua onnipotenza. I racconti della sua nascita non sono “favole per bambini” (ha scritto Benedetto XVI) ma quanto di più grande poteva accadere nel mondo. Benissimo i presepi, gli abeti, i doni, le luminarie, le canzoncine…, purché ci aprano all’adorazione della grandezza di ciò che quel bambino è, e alla gratitudine del dono incredibile che Dio ha fatto all’umanità.
Quel “bambinello” è il capovolgimento di tutti i nostri criteri di giudizio. Con la sua venuta tra noi, la grandezza, la potenza, l’importanza, la ricchezza si rovesciano: il più piccolo diventa il più grande, il più povero diventa il più ricco, l’ultimo diventa il primo. Il Natale che stiamo celebrando è vero e autentico se rafforza la nostra fede e la nostra vita in queste convinzioni.

Il bambino «avvolto in fasce e adagiato nella mangiatoria», «era, in principio, presso Dio: tutto è stato fatto per mezzo di lui e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste». Quel bambino, apparso a Betlemme, si è fatto figlio e fratello nostro, ma era prima di noi. Egli è da sempre. Ha preso una “carne”, un corpo, una storia come la nostra: è diventato come noi, ma in realtà noi siamo come lui. Lui era prima di noi. Ciò significa che quando Dio ha creato l’uomo e la donna li ha creati secondo un prototipo, un modello: Gesù. Dio ci ha fatti così perché così sarebbe dovuto apparire in mezzo a noi il suo Figlio, il suo Verbo, la sua Sapienza. È straordinaria questa verità! Quando ci viene da pensare che il creato è fatto male, reagiamo con forza: se tutto è stato fatto per mezzo di lui, niente può essere stato fatto male. Ciò che va male dipende dal non essere fedeli al progetto di Dio.

Il bambino «avvolto in fasce e adagiato nella mangiatoria» è l’immagine di Dio, è l’unica nostra possibilità di vedere il suo volto. «Dio, nessuno lo ha mai visto: il Figlio unigenito, che è Dio ed è nel seno del Padre, è lui che lo ha rivelato». Senza di lui, avremmo potuto soltanto fantasticare su Dio, inventando immagini fuorvianti, perché non saremmo mai riusciti a pensare Dio buono e amico che ci chiede soltanto di volergli bene, perché egli per primo ci vuole bene. Senza il “bambinello”, avremmo sentito Dio come gli dei pagani: minacciosi e gelosi degli uomini; oppure ci saremmo creati immagini da “vitello d’oro”, alla portata delle nostre piccole vedute.

Il bambino «avvolto in fasce e adagiato nella mangiatoria» ci fa conoscere a noi stessi, perché è
la «luce vera, quella che illumina ogni uomo», che, oltre a farci vedere Dio, ci manifesta chi veramente siamo noi.

Quel bambino è la luce, è la vita e ci chiede di accoglierlo come luce della nostra vita.


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